I prezzi, che sono lievitati oltremisura. E il consumatore, che è “completamente esausto”. La congiuntura internazionale, che è molto tesa, e i fabbricanti cinesi, all’improvviso molto aggressivi. Il lusso è nella “tempesta perfetta”, commenta Jonathan Siboni, CEO di Luxurynsight, ormai lo sappiamo. Ma il problema è che in questa congiuntura le griffe non suscitano più desiderio, come dovrebbero. Al contrario, a The Sunday Times (inserto domenicale del Time) Claudia D’Arpizio di Bain & co spiega che le stesse griffe ispirano antipatia. “C’è un crescente sentimento negativo in società – spiega – per marchi e per prodotti che solo i super-ricchi si possono permettere”.
Le griffe non suscitano più desiderio
Non è un problema di poco conto per un’industria che da un lato “vende sogni”, come si suol dire. E dall’altro si rivolge a un pubblico di nicchia, ma si basa anche (e molto) sul desiderio di quelli che della nicchia non fanno parte, ma vorrebbero. L’aneddotica è ricca e la redazione del Sunday Times, che è di base a Londra, fa presto a raccogliere le voci di chi ha visitato le boutique di Bond Street e ne è uscito annichilito da prezzi “che dal 2019 sono aumentati mediamente del 65%”. Lo scenario internazionale è noto ai lettori delle nostre cronache: minacce di recessione, guerre doganali, inflazione. Tutti fattori al di fuori della portata dei brand. Per questo la parte più interessante dell’analisi della testata britannica è “sulle ferite che il lusso si è inferto da solo”.
L’antipatia
Ci sono di mezzo i prezzi, come sappiamo. “Molti brand hanno approfittato del boom post-pandemico dei consumi per alzare i listini così in alto – si legge – che ora molti consumatori ripugnano l’idea stessa di lusso”. Ma non solo. La giostra delle nomine, che ha fatto apparire le maison più concentrate sulla proposta fashion che su quella alta nel segno dell’heritage. Mentre alcune inchieste, come quelle della Procura di Milano sul caporalato nella filiera lombarda o giornalistiche sulle catene di approvvigionamento della vigogna sudamericana (per fare due esempi), hanno proiettato ombre sull’aura di responsabilità artigianale del settore. “I consumatori del lusso sono esausti”, recita un report di Bank of America. La sfida delle griffe, ora, è riaccenderne le passioni.
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