In Cina il lusso si avvia a chiudere il 2020 con un fatturato in crescita su base annua. Sul risultato gioca un ruolo fondamentale: il rimpatrio dello shopping. I consumatori non possono fare compere all’estero, e allora le fanno in casa, facendo crescere gli indici di vendita nei confini della Repubblica Popolare. Proprio per questo le griffe accendono i riflettori sulla Cina: è l’unica vera fonte di reddito a livello geografico.
Il rimpatrio dello shopping
Imke Wouters, partner della società di consulenza gestionale Oliver Wyman, spiega a WWD che “un numero maggiore di cinesi, di quelli che usualmente acquistano beni di lusso durante i viaggi, è costretto a restare a casa e quindi a comprare all’interno del Paese”. Per il settore della moda più in generale, l’analista prevede una crescita, che sarà inferiore a quella degli anni scorsi e comunque più bassa al 5%.
Il boom non è per tutti
Le griffe del lusso di secondo livello beneficeranno meno delle condizioni di mercato. Nick Cakebread, socio fondatore di Gusto Luxe, agenzia di marketing con sede a Shanghai, ha aggiunto che “i marchi con una identità chiara, compresi quelli che mettono la sostenibilità in primo piano, incontrano la richiesta dei consumatori e quindi ottengono buoni risultati”. Tra i marchi che sono andati a gonfie vele durante il Qixi Festival, l’equivalente al San Valentino occidentale, si cita Balenciaga, grazie anche ad una serie di borse in edizione limitata tanto criticate quanto apprezzate dai giovani. Risultato? Le borse sono state tutte vendute online in pochi giorni. Per Cakebread è fondamentale che i marchi ridefiniscano i ruoli dei negozi offline e online e investano per il miglioramento del servizio e dell’esperienza negli store. A proposito di online, la presenza va diversificata, andando oltre Tmall. (mv)
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