La risposta è sì: la fuga verso l’alto dei grandi brand lascia spazio ai marchi indipendenti o artigiani. Perché c’è un pubblico (quello genericamente classificato del premium o aspirazionale) che non può seguire i rialzi dei listini delle griffe. E che si orienta, quindi, all’idea di acquistare prodotti no logo (o, almeno, non col solito logo). Ok, ma questo spazio è un affare solo se il prezzo è giusto. Cioè, come vi raccontiamo dalle pagine del numero di giugno La Conceria (Alla Ricerca dello Spazio Perduto), solo a patto di trovare un price point che sia allo stesso tempo appetibile per il consumatore e remunerativo per l’azienda. Value for money, detto in altri termini.
Il nostro approfondimento
Il nostro approfondimento si intitola, non a caso, “Ok, se il prezzo è giusto”. Di posizionamento e opportunità in un mercato polarizzato parliamo con Enrico Paniccià di Woolrich Footwear, Antonio Putzolu di Barrett e Mauro Di Liddo di Blackboard, che controlla Wushu Ruyi. Non solo, anche con Roberta Tondini di Studio Tondini, Carlo Esposito, che guida Enjoy Italia e KV Milano, e con i portavoce di Valstar.
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