Il ritardo di brand come Burberry e Gucci è incolmabile, dice WSJ

Il ritardo di brand come Burberry e Gucci è incolmabile, dice WSJ

Il Wall Street Journal cita un dato per spiegare come il ritardo di brand come Burberry e Gucci sia incolmabile. Il budget per il marketing di LVMH è passato da 6,3 a 10 miliardi di euro tra il 2019 e il 2023, col risultato che la sola spesa in attività di promozione e comunicazione di Vuitton&Co è circa “tre volte superiore alle vendite annue” del marchio inglese dei trench. Ma non è solo una questione di gigantismo: è che i marchi “malconci – scrive il giornale finanziario statunitense – sono difficili da aggiustare” in una “fase di rallentamento del mercato” dove bisogna convivere “con i big”.

Il ritardo di brand come Burberry e Gucci

La disanima di WSJ è inclemente. È difficile fare affidamento sul coraggio stilistico, perché “i marchi fantasiosi franano facilmente”, come hanno dimostrato Gucci e Balenciaga: quando il vento è favorevole veleggiano spediti, ma quando si arresta è “stagnazione”. Ma neanche investire su prodotto e distribuzione è garanzia di successo. Burberry ha spinto molto sul retail diretto e sull’innalzamento di posizione: “Le borse di Daniel Lee costano il 58% in più di quelle delle vecchie collezioni”, scrive WSJ sulla base di dati Bernstein. Ma è impossibile (o quasi) strappare quote di mercato a chi è meglio insediato nell’alto di gamma. Ne consegue che Burberry finisce per generare “un terzo delle vendite nei canali off-price”: piazza, cioè, i suoi articoli di maggior fattura in sconto o negli outlet.

 

 

Lo scenario sfavorevole

Sullo sfondo dei ragionamenti di WSJ c’è, chiaramente, la comunità finanziaria, che in base all’appeal di certe società deve decidere se investirci o meno. Il giudizio pare implacabilmente negativo. Queste aziende sono tra l’incudine dei costi crescenti (nel retail, innanzitutto) e il martello dei ricavi piatti. Mentre non ci sono segnali di ripresa evidenti. “Il traffico di clienti nei flagship store non mente mai – commenta Luca Solca (Bernstein) –: se non c’è nessuno, il brand è irrilevante”. Oggi si parla tanto di polarizzazione, ma il mercato della moda è sempre stato selettivo: per una Coco Chanel che trasforma il cognome in griffe miliardaria, c’è sempre stata una Elsa Schiaparelli che rimane di nicchia. “Le possibilità di fare un gran ritorno nel mercato del lusso – conclude la riflessione – oggi sembrano più difficili che mai”.

Foto da Facebook di Burberry

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