Il sospetto che è stato il boom cinese a nascondere la banter era

Il sospetto che è stato il boom cinese a nascondere la banter era

Non ne abbiano a male gli amici di Brioni, gloriosa maison per la quale facciamo il tifo. Ma se dobbiamo scegliere un’immagine sola per riassumere la “banter era” che attraversa il sistema del lusso e della moda, la prima che ci viene in mente è loro. Risale al 2016 e riguarda il veloce e intempestivo rebranding che tentò Justin O’Shea nella sua altrettanto veloce e intempestiva esperienza alla guida della maison.

 

 

Un numero sulle fibrillazioni del lusso

Stilisti che vanno, CEO che vengono e incarichi che durano quanto “d’autunno sugli alberi le foglie” (citando il poeta). Il numero di marzo 2025 del mensile La Conceria si intitola “Indovina chi” e tratta le fibrillazioni del lusso. Che, nel focus d’apertura, definiamo attraversare la sua “banter era” (espressione mutuata dal calcio per definire una stagione tragicomica). Perché non è una assoluta novità che i brand, nei momenti critici, reagiscano ridisegnando i vertici aziendali. Ma, guardando a un frangente simile della decade passata (il biennio ‘16/’17) notiamo un salto di qualità. Che alimenta un sospetto: forse anche ai tempi le holding procedevano tentoni, come oggi. Ma allora, a differenza di oggi, c’erano le generose prospettive di crescita in Cina a permettere di nascondere i problemi sotto al tappeto.

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