JW Anderson boccia la cryptomoda: “Il lusso è artigianato”

JW Anderson boccia la cryptomoda: “Il lusso è artigianato”

Finora c’era già stato qualche big della moda a dimostrarsi tiepido su iniziative come gli NFT, le sfilate nel metaverso e gli investimenti in bitcoin. Ma come boccia la cryptomoda Jonathan William Anderson (in foto) nell’intervista a Il Foglio, non lo aveva mai fatto nessuno. “La moda è un dispositivo moderno, ma non compie atti moderni”, sostiene lo stilista irlandese. Perché? Il focus è sul prodotto, che per essere di qualità richiede mani esperte e molto tempo per la realizzazione. E per questo vive nel presente e nel futuro. Mentre la tecnologia, proprio perché è molto veloce, diventa altrettanto velocemente obsoleta.

Il prodotto al centro

“Prima ancora di essere visiva, la moda è tattile. E l’avvertiamo con tutto il nostro corpo, perché il tessuto è a contatto con la pelle”, chiarisce Anderson. Che poi fa una premessa: “Non sono spaventato dalla tecnologia, sia chiaro: ho anche realizzato un NFT a scopi benefici”. Però lo stilista, fondatore del brand omonimo e collaboratore delle griffe., vede una distanza incolmabile tra l’alta moda e la civiltà digitale, che ha a che fare con il tempo: “Il punto è che la moda appartiene a quella sfera del sapere e del sentire rappresentato dallo stesso patrimonio emotivo che ha permesso all’arte di rimanere costantemente moderna. Mentre la tecnologia, col passare del tempo diventa obbligatoriamente obsoleta”. Il lusso dura, detto in altri termini, mentre le innovazioni, proprio perché sono attuali, hanno anche una scadenza.

 

JW Anderson boccia la cryptomoda: “Il lusso è artigianato”JW Anderson boccia la cryptomoda: “Il lusso è artigianato”

 

JW Anderson boccia la cryptomoda

Anderson non vuole neanche fare una questione di guerra di valori. “Semplicemente, credo seguano due strade diverse, destinate a incrociarsi, ma non a cannibalizzarsi – argomenta –. Penso infatti che moda e tecnologia vadano incontro a un bizzarro futuro in cui si odieranno e si ameranno, vivranno momenti di passione e repulsione”. E all’intervistatore che cita innovazioni come la modellistica 3D, risponde: “Mi sta facendo esempi di tecnologia come strumento per realizzare cose che poi hanno una loro esistenza nella realtà. Non un paio di sneakers che fuori dallo schermo del computer sono pure immagini”. È su questo crinale che le strade si separano: “Mi riferisco a quella forma di cultura digitale che, nei fatti, usa la moda per confezionare fenomeni, come gli NFT, che non rappresentano altro che speculazioni finanziare di blockchain, investimenti in bitcoin o in ethereum – continua lo stilista –. Attenzione: con questo non sostengo che fare soldi non sia un’arte, anzi. Però non è moda, tutto qui. Non sono idee. Sono speculazioni economiche. Certo, la tecnologia sta correndo molto più velocemente della moda, ma questo non deve andare a discapito di un prodotto che, per essere realizzato bene da bravi artigiani richiede tempo.

Chi è più fuori dal mondo?

A proposito della stravaganza della sua ultima collezione, Anderson riconosce: “Certo che è surrealista”. Ma questo non legittima il metaverso: “Cos’è più surrealista, le scarpe con il tacco a forma di saponetta – si chiede – o vivere in un periodo dove c’è ancora una pandemia, non smette una guerra che incombe su tutti, un pianeta che da evidenti segni di malessere? Qualcuno pensa davvero che inventarsi delle non-cose come gli abiti virtuale possa essere definito moderno?”. Il lusso ha un valore e deve difenderlo: “L’artigianato sarà sempre attuale perché consiste nel creare oggetti che hanno una formula precisa e una lingua specifica: è novità quanto è tradizione – conclude –. I brand devono sapere riconoscere la propria responsabilità culturale e per me si tratta di proteggere chi è esperto di lavori manuali”.

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