L’Italia è fondata sull’artigianato: la filiera per D&G e Cucinelli

L’Italia è fondata sull’artigianato: la filiera per D&G e Cucinelli

L’Italia è fondata sull’artigianato, che ha un valore immenso. In ogni regione c’è tanta creatività”. Lo hanno detto da Dolce & Gabbana durante il Milano Fashion Global Summit. D&G e Brunello Cucinelli, intervenuto durante lo stesso evento, condividono l’attenzione al tema. Entrambi cercano di salvaguardare la propria filiera, considerandola indispensabile e insostituibile per la loro attività. Soprattutto ora che è sotto la pressione della crisi da coronavirus.

L’Italia è fondata sull’artigianato

Noi siamo artigiani. Ci sentiamo parte di quel mondo. Gli artigiani sono fondamentali non solo per noi, ma per tutta la filiera della moda italiana. Quando su un capo c’è l’etichetta made in Italy comunica che è fatto dagli artigiani”, hanno detto Domenico Dolce e Stefano Gabbana. In questo periodo complicato i due stilisti hanno deciso di non tagliare e non togliere nulla agli artigiani, ma anzi di preservarli. “Se si perdono la manualità e la cultura poi non la ritrovi più”. Per i due creativi ci possono essere “aiuti di vario tipo” per sostenere la filiera visto che è “l’artigianato a soffrire di più”.

Parola di Alfonso

Il CEO dell’azienda, Alfonso Dolce, ha raccontato come l’azienda ha costituito la propria filiera produttiva: “Abbiamo iniziato nel 1984-1985, studiando i territori in funzione alla tipologia di prodotto. Ad esempio in Puglia abbiamo 5 linee di produzione e realizziamo il 95% delle nostre sneaker. Il resto arriva da Marche e Toscana. Nelle Marche, e più precisamente nel maceratese, è prodotta la calzatura da uomo. Poi la Toscana. Nel 2000 abbiamo cominciato con il tessile donna e uomo. Poi subito dopo siamo passati al settore conciario, alla pelletteria e alla scarpa col fondo in cuoio”. Dolce ha raccontato delle visita nelle concerie utili a conoscere la materia prima, enfatizzando il know-how delle imprese della pelle. “Credo che anche oggi – conclude , quando si pensa allo sviluppo di un marchio italiano, bisogna farlo nel rispetto del made in Italy”.

 

 

Cucinelli non taglia

Nessun licenziamento e nessuna richiesta di sconti. Così Brunello Cucinelli ha salvaguardato i suoi dipendenti (circa 2.000) e quelli della sua filiera (circa 5.000): “Il 65% della nostra filiera è in Umbria, poi ci sono Toscana e Veneto secondo la loro specificità”. L’imprenditore ha rimarcato più volte il concetto del “giusto compenso a chi lavora”, anche come chance mondiale che l’Italia può giocarsi per rilanciarsi nel panorama del fashion. “Alcuni prodotti non li possiamo più produrre – conclude –, ma per gli altri l’Italia può tornare ad avere quella funzione di mediatore culturale che ha avuto in passato”. (mv)

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