Alla fine del mese di agosto, il Savigny Luxury Index ha registrato una perdita di valore in Borsa del 4% per i titoli dell’alto di gamma. Il report, realizzato dalla società di consulenza Savigny Partners, individua nello scenario geopolitico le ragioni della flessione. Già, perché fin qui sull’industria del lusso non si erano ancora visti gli effetti della trade war che contrappone Cina e Stati Uniti. Ora che l’escalation daziaria è partita, mentre Hong Kong è in fiamme, per le griffe (che sull’Asia Pacifico poggiano gran parte dei propri ricavi), si avvicina una stagione turbolenta.
Esposti a Oriente
Significativo, sottolinea SLI, è il fatto che Prada e Tiffany, comunicando gli ultimi risultati finanziari, abbiano già premesso che nell’outlook prossimo venturo ci sarà un contraccolpo cinese. Allo stesso modo ne soffriranno, ne è certo il report, le griffe del gruppo Richemont, che a Oriente sono molto esposte. Il problema non è rappresentato solo dal muro di dazi che Washington e Pechino si stanno contrapponendo, ma anche dall’indebolimento dello yuan, che erode la capacità di spesa dei consumatori cinesi.
Non solo Cina
Se non bastassero le complicazioni asiatiche, SLI individua anche fattori critici nelle turbolenze inglesi, dove il processo per la Brexit si è impaludato sull’ipotesi No Deal, e nel paventato rallentamento dell’economia statunitense. In questo, i gruppi USA della moda (Ralph Lauren, Capri Holdings e Tapestry) hanno già pagato scotto con perdite azionarie ad agosto.
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