Impegno, tanto, perché bisogna recuperare i ritardi del lockdown. Incontri personali, pur nella cautela imposta dal Coronavirus, perché “la moda è condivisione, non può essere altrimenti”. La Fase 2 di Brunello Cucinelli inizia all’insegna del lavoro e dei progetti. L’imprenditore umbro spiega a Il Messaggero le sfide che attendono il lusso all’alba della ripartenza.
La Fase 2 di Brunello Cucinelli
“Il 9 marzo abbiamo chiuso l’azienda perché onestamente mi sono spaventato – confessa –. Ai miei 2.000 dipendenti nel mondo ho detto che non avrei licenziato nessuno, che ognuno sarebbe rimasto al proprio posto e con il proprio compenso”. Il patto di fedeltà dell’azienda richiede, ora, una sorta di reciprocità. “Ho chiesto loro al momento della riapertura di lavorare mezz’ora in più al giorno – continua Cucinelli, che ha approntato con l’Università di Perugia il protocollo di sicurezza –, il sabato mattina e ad agosto chiudere solo 7 giorni. I miei dipendenti sono stati d’accordo”.
L’importanza delle relazioni
In molti hanno visto nel lockdown l’occasione per digitalizzare fasi del lavoro usualmente affidate alle relazioni analogiche. Molti vorrebbero accelerare in questa direzione. Per Cucinelli, il processo non è estendibile all’infinito. Nei confini dell’industria della moda si scontra con i limiti dettati dalla natura stessa del settore. “Lo smart working non può collimare con la creatività – dice –. Questa nasce dalla discussione fisica, dal toccare le cose e dalla espressione che fai quando guardi un oggetto. La sera andavo a letto distrutto e mi sembrava di non aver concluso molto”. L’imprenditore umbro spera di tornare a breve a relazioni non mediate unicamente dagli strumenti digitali. “Presenteremo la collezione primavera estate nei nostri showroom a fine luglio, agosto e settembre – aggiunge –. Ma non ho dubbi che gli incontri saranno vis-à-vis. I capi devono essere toccati e non solo guardati. Il sogno deve essere tattile e non solo visivo”.
Il cambio passo
In ogni caso, il lusso va incontro a una forte revisione dei propri processi. Cucinelli si allinea a chi, come Giorgio Armani, auspica il rallentamento di un’industria che ha rincorso anche troppo le dinamiche del fast fashion. “Gli ultimi sei, sette anni a giugno avevamo le vetrine dei negozi dedicate già alla stagione invernale – conclude –. Si giocava d’anticipo. Abbiamo esagerato. Il vero cambiamento secondo me sarà sotto il profilo umano. Ci sarà tanta attenzione al riutilizzo e al riparare. L’idea di non buttare e non sprecare sarà fortissima”.
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