Il mercato dovrebbe attestarsi a un tasso di crescita del +3/4%. Che non è stagnazione, ma è meno di quanto auspicato e già preventivato. La moda è in ansia per il 2020. Secondo The State of Fashion 2020, il report scritto in collaborazione tra McKinsey & Company e Business of Fashion, “il mood prevalente nel settore è di ansia e preoccupazione”. È il risultato dell’intervista a 290 executive dell’industria della moda. “Se da una parte ci sono trasformazioni del business che rappresentano anche opportunità di crescita – si legge –, dall’altro l’economia globale rallenta e la competizione è più intensa che mai”.
La moda è in ansia
Per trovare un briciolo di fiducia, bisogna viaggiare verso l’alto di gamma (e verso est). È, infatti, il segmento premium/lusso quello in cui si trova la maggior concentrazione di ottimisti per il 2020: il 12% degli intervistati si aspetta un anno in crescita. Negli altri segmenti il dato è ben peggiore. Nel “midmarket”, ad esempio, il 97% si aspetta un’annualità sulla stessa lunghezza d’onda di quella che sta per concludersi, o peggiore. Dal punto di vista delle regioni, solo in Asia si respira un po’ di energia in più: il 14% degli executives qui raggiunti sono certi di poter chiudere il 2020 con la voce vendite in positivo.
Mercato super-polarizzato
Il mercato, d’altronde, è super-polarizzato. A fronte dei molti che soffrono, ci sono pochi fortunati (o, piuttosto, meritevoli) che sprintano. Tra i 20 gruppi individuati dall’edizione 2020 di The State of Fashion come i protagonisti delle migliori performance (nonché accentratori di mercato) compaiono diverse conoscenze della filiera della pelle. Apre la classifica Nike, seguita da Inditex e LVMH. Al quinto posto si piazza Kering, al sesto c’è Hermès. Mentre gli svizzeri di Richemont sono decimi, Burberry rientra nell’élite della moda globale per un soffio, piazzandosi al ventesimo posto.
Leggi anche: