La pandemia cambia le abitudini ma anche il modo di raccontare la moda. La mossa di Bottega Veneta definisce nuovi parametri nel modo di presidiare i social network. Le trasformazioni dettate dal Coronavirus nel mondo della comunicazione fashion sono l’argomento dell’appuntamento di CNA Federmoda nell’ambito di RMI Academy, all’interno del calendario di Altaroma. Un’occasione per discutere del ruolo dei nuovi canali di comunicazione con la giornalista Giulia Rossi (nella foto), autrice del saggio “Come blogger e influencer hanno creato la narrativa sulla pandemia: una nuova fase che rappresenta la (falsa) vita quotidiana”. Un mondo che Bottega Veneta, dicevamo, ha annunciato di voler lasciare. Ma le cose stanno veramente così?
La mossa di Bottega Veneta
“Se n’è parlato tanto ma, vi chiedo: Bottega Veneta è davvero sparita dai social? – è la domanda retorica di Rossi –. Dobbiamo considerare quanto Bottega Veneta sia presente giocando da outsider. La strategia può essere quella di lasciar parlare gli altri di sé, interrompendo la propria presenza nel flusso diretto della comunicazione”. Insomma, se tutto il mondo parla di noi e dei nostri prodotti, non è addirittura meglio che se ne parlassimo noi stessi? Un concetto sottolineato anche dal responsabile nazionale CNA Federmoda, Antonio Franceschini, che con una battuta ha ricordato la brillante scena di Ecce Bombo in cui Nanni Moretti si interroga sul modo in cui farsi notare di più a una festa: “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”.
Obiettivo raggiunto
La scelta di Daniel Lee, direttore creativo di Bottega Veneta, è certamente dirompente, visti i tempi. Al suo coraggio, anzi al suo stile, dedichiamo la cover story de La Conceria n. 2. Intanto, i risultati per la griffe arrivano. Come ha confermato il CEO di Kering, François-Henri Pinault, a margine della presentazione dei report trimestrali, “Bottega Veneta non sta scomparendo dai social network, li sta semplicemente usando in modo diverso“. Cioè? “Bottega ha deciso – sono le parole riprese da nssmag.com –, in linea con il suo posizionamento, di appoggiarsi molto di più ai suoi ambasciatori e fan dando loro il materiale di cui hanno bisogno per parlare del marchio attraverso vari social network, lasciando loro parlare a nome del marchio piuttosto che farlo da solo”.
L’inglobamento degli influencer
Nella sua analisi del racconto della moda da parte di blogger e influencer, Rossi ne ripercorre l’ascesa, fino a illustrare come hanno affrontato i mesi del lockdown con la loro “nuova narrativa in pigiama“. “Ad aprile Giorgio Armani propose un ripensamento sui tempi della moda. Successivamente, andando verso l’estate e una sorta di riapertura, la comunicazione ha virato vero la ricerca di ancoraggi forti – continua -. Nel mezzo del terremoto non previsto serviva ritrovare il cuore della rappresentazione, spazzando via il superfluo e ancorando tutto a valori forti”. Da un lato Dior lo ha fatto sfilando a Lecce, terra d’origine del suo direttore creativo. Dall’altro gli Uffizi hanno preferito affidare la propria promozione a Chiara Ferragni, con non poche polemiche. Il direttore Eike Schmidt, però, rispose a queste critiche evidenziando come per raggiungere il pubblico più giovane serve parlare la loro lingua. (art)
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