Rinunciare alle Cruise? Ma anche no. Le certezze di CHANEL si stagliano in un alto di gamma in fermentazione. Da quando Giorgio Armani ha sollevato la questione dei tempi dell’alto di gamma, tutte i brand hanno raccolto l’invito a ripensare le modalità di presentazione e vendita delle collezioni. La griffe francese, ora, è la prima a distinguersi, facendo sapere di non sentire l’esigenza né di accelerare, tantomeno di rallentare i suoi ritmi. Ma il dibattito, dicevamo, è vivace, perché rimette in discussione gli equilibri industriali e creativi raggiunti dal fashion system nell’ultimo decennio. Al tema abbiamo deciso di dedicare la copertina de La Conceria numero 6: perché se la prima conseguenza del Coronavirus è stata la spinta al digitale, la seconda promette di essere la fine (al meno momentanea) del fast fashion ad alti livelli.
Le certezze di CHANEL
Intanto, la posizione di CHANEL. Che conferma le sei collezioni annue: due prêt-à-porter, due haute couture, Cruise e Métiers D’Art. “Non so se il numero giusto è due o sei: dipende da ogni marchio – spiega a BoF il presidente Bruno Pavlovsky –. Riteniamo che sia importante fare sei show”. Mentre il direttore artistico Virginie Viard ha lavorato per ridare smalto ai prodotti invenduti a causa del lockdown, per Pavlovsky, ogni iniziativa di CHANEL evolve dai suoi spettacoli. Non solo perché la copertura mediatica globale che ne deriva fa bene all’immagine del marchio, ma anche perché offre l’opportunità di comunicare regolarmente con i clienti. “Il nostro ritmo – continua – è quello di essere in grado di offrire novità a livello di boutique ogni due mesi, e ci sentiamo molto a nostro agio così”.
Le riflessioni de La Conceria
Certo, CHANEL rappresenta un’eccezione nel contesto. Perché, come spiega a La Conceria la docente universitaria e consulente Susanna Nicoletti, la maison rientra nel novero ristretto delle griffe “arrivate a bilanci miliardari conservando l’immagine, il posizionamento, la qualità e il prestigio”. Non è certo a lei che pensa Armani quando parla di lusso corrotto dalle pratiche del fast fashion. Il dibattito è vivace e il tema è complesso, dicevamo. Sul magazine, oltre che con Nicoletti, ne parliamo con Luca Solca (analista di Bernstein) e con lo stilista Daniele Calcaterra. (mv/rp)
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