La prima cessione è ormai a un passo. Talmente vicina che il gruppo Kering, per confortare i mercati sul potenziale di sviluppo, sta preparando la pubblicazione anticipata del bilancio (in programma per il 12 febbraio): e così gli analisti di Berenger fanno sapere che nel 2017 il fatturato di Puma dovrebbe essere cresciuto del 17% (meglio del 16,5% stimato), per un volume d’affari di circa 4 miliardi di euro. La conglomerata di casa Pinault, che di Puma è azionista di maggioranza da ormai un decennio, ha annunciato a fine 2017 la volontà di disinvestimento allo scopo di concentrare le proprie attività, e quindi la propria identità, “nel puro lusso”. Ma all’orizzonte di Kering, che di recente si è visto riconoscere da 100 Globale Knights Corporation la palma di conglomerata più sostenibile nel ranking del settore “Tessile, Abbigliamento Lusso” (dove è anche l’unica azienda valutata), si staglia una seconda cessione. Eccellente. Già, perché dopo tre lustri di joint venture la famiglia Pinault potrebbe rinunciare al pacchetto azionario del 50% di Stella McCartney. Secondo la ricostruzione offerta da Reuters, non è la prima volta che le due parti discutono della propria partnership. Che già in passato è emersa la possibilità di risolvere la collaborazione, ma che questa volta ne parlano sul serio. È noto che Kering aggreghi nelle proprie comunicazioni finanziarie i risultati di bilancio di Stella McCartney con quelli delle griffe “minori” alla voce “Other Luxury Brands”: nelle proporzioni ciclopiche della conglomerata francese i numeri della maison eco-chic rimangono marginali. Mentre sulle colonne di Financial Times analisti di Mainfirst ipotizzano che ai piani alti di Kering abbiano valutato che il processo di espansione di McCartney è a suo modo maturo: forte “nel ready to wear e nell’athleisure”, è difficile da affermare in altri segmenti merceologici “come accaduto a Balenciaga e Alexander McQueen”. Di certo Kering ha una strategia: quale, lo scopriremo nel tempo.
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