L’ex vegetariano che ha fondato un brand di pelli esotiche

L’ex vegetariano che ha fondato un brand di pelli esotiche

Si chiama Evan O’Hara, 39 anni, l’ex vegetariano (ed ex impiegato “junior”) che 16 anni fa è stato folgorato dall’artigiano della pelle Janos Papai. Quest’ultimo gli ha trasferito le competenze e la passione per il materiale, cambiandogli la vita. O’Hara dopo l’incontro ha abbandonato una professione al computer per fondare il brand Vereda New York.

Le radici metropolitane

È il New York Times a raccontare dell’incontro tra il giovane O’Hara, originario della Florida, e il romeno Janos Papai. Che, ai tempi, era titolare di un’azienda che realizzava prodotti in pelle per Ralph Lauren e Marc Jacobs. Evan si è incuriosito del mestiere di Papai e ha iniziato un apprendistato “informale” presso la sua ditta. Durante la pandemia, però, l’attività è andata in crisi e il titolare ha preferito chiuderla per trasferirsi nel Tennessee. O’Hara, che nel frattempo era diventato un bravo artigiano, ha deciso di portare raccogliere il testimone, comprando i materiali e gli attrezzi.

 

 

Ed è un ex vegetariano

La curiosità della storia è che O’Hara, prima di lavorare con le pelli di alligatori che lui stesso caccia, era vegetariano. L’evoluzione di Evan è stata frutto di un altro incontro casuale, quello con un grossista di frutti di mare dopo una battuta di caccia. “Gli ho detto che volevo solo la pelle, mentre lui voleva solo la carne: da quel giorno la mia vita è cambiata – racconta al NYT –. Ho iniziato a riciclare tutte le pelli che lui avrebbe buttato via”. Secondo l’articolo, O’Hara fa parte di una fiorente generazione di “maker” disinteressati a tecnologie come la stampa 3D, ma molto concentrati sui lavori artigianali. Dall’inizio della pandemia c’è stata una “rinascita dell’interesse per l’artigianato”, ha dichiarato Fiona Dieffenbacher, professoressa di fashion design alla Parsons School of Design. Nel 2016 la scuola ha aperto il suo Making Center e ha ripensato il piano di studi per integrare il design con il making. E soprattutto per riequilibrare il valore dell’attività creativa con quello di chi poi trasforma l’idea e il progetto in un oggetto. (mv)

Foto da Vereda New York

Leggi anche:

CONTENUTI PREMIUM

Scegli uno dei nostri piani di abbonamento

Vuoi ricevere la nostra newsletter?
iscriviti adesso
×