La bolla dei prezzi si è trasformata nell’impasse delle griffe. Gli analisti si interrogano sulle possibili soluzioni: escludono l’ipotesi di continuare con i rialzi, ma anche quella di cominciare con i ribassi. Sarebbe un altro errore che farebbe fuggire i clienti.
L’impasse delle griffe
Luca Solca, analista di Bernstein, ha stilato con WWD una sorta di classifica dei rincari. Tra il 2020 e il 2023 Dior ha praticato un aumento del 66%, Chanel del +59% e Moncler del +54%. Mica solo loro hanno spinto sul pedale dell’acceleratore: i prezzi di Prada sono cresciuti del 43%, quelli di Louis Vuitton del 31%, di Saint Laurent del 25% e di Gucci +21%. Hermès e Burberry, per completare il quadro, hanno registrato rialzi rispettivamente del 20% e del 18%. Per Solca i marchi possono correggere il tiro in un solo modo: introducendo nuovi prodotti dall’entry price più basso. Ma anche “rafforzare il contenuto dei prodotti che hanno avuto un aumento del prezzo” e aumentare “l’innovazione per invogliare i consumatori a comprare, indipendentemente dal prezzo” ha aggiunto Solca.
Vietato sbagliare
Gli analisti parlano di ampliamento dell’offerta alla base. Perché ridurre i prezzi degli articoli di pelletteria iconici, spiega Jean Revis (co-fondatore della società di consulenza MAD), sarebbe un errore. “Chi ha comprato una borsa a 5.000 euro e sei mesi dopo la ritrova a 4.000 euro, non comprerà mai più dallo stesso marchio”. E allora cosa possono fare i brand? Per esempio, potrebbero lanciare prodotti a prezzi inferiori perché o di dimensioni minori o in materiali più economici. Revis, in maniera simile a quanto proposto da Solca, suggerisce di aumentare il valore percepito delle borse esistenti aggiungendo maggiore funzionalità, ad esempio con una tasca, una cerniera o la reversibilità. “Qualcosa che renda la borsa più sofisticata allo stesso prezzo – sono le sue parole –. Il valore percepito dal cliente è importante. Ridurre la qualità è un’opzione che nessun marchio può permettersi”.
Il ritorno delle diffusion line
L’impressione, aggiungiamo noi, è che gli analisti consiglino di reintrodurre (sotto mentite spoglie) le vituperate “diffusion line”. Ricordate le varie D&G, Red Valentino, Marc by Marc Jacobs, Versus Versace (e chi più ne ha, più ne metta)? I marchi secondari sono stati a lungo veicolo di espansione commerciale nei segmenti di pubblico (il cosiddetto aspirazionale) che non potevano permettersi i prezzi di quelli primari. Nell’ultimo decennio, in concomitanza con il via alla stagione dei rialzi, le aziende hanno progressivamente dismesso le diffusion line perché “diluivano il marchio” (vale a dire: ne danneggiavano il prestigio). Di quella fonte di ricavi, però, si sente la mancanza: a quanto pare, ci dobbiamo preparare al ritorno. (mv)
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