Lo stop del lusso si vede nel picco di CIG delle imprese moda

Lo stop del lusso si vede nel picco di CIG delle imprese moda

Si moltiplicano le richieste di cassa integrazione delle imprese toscane della moda. Il picco di CIG rappresenta l’ennesimo campanello d’allarme di un sistema che, soprattutto sulle aziende contoterziste, accusa “l’effetto frusta del lusso”, come lo ha definito McKinsey. Il rallentamento del business delle grandi griffe si ripercuote negativamente sui fornitori, che non riescono ad ammortizzare il colpo: parliamo di PMI che subiscono una frenata degli ordinativi molto più gravemente di un grande gruppo internazionale. Le ore di cassa integrazione autorizzate dall’INPS per il sistema moda da gennaio a novembre 2023 fanno saltare all’occhio il problema: sono 3,4 milioni di ore di CIG ordinaria per industrie tessili, confezione di articoli di abbigliamento, concia del cuoio, preparazione di borse e calzature, al fronte di 3,3 milioni di ore autorizzate nel 2022 dicembre incluso (2,9 fino a novembre). Circa mezzo milione in più.

Il picco di CIG

Nella preparazione e concia del cuoio e nella fabbricazione di borse e calzature, INPS ha concesso a novembre 313.164 ore di CIG ordinaria. Se si considera che a ottobre erano state 310.321 e a gennaio 179.094, il trend di crescita appare più che chiaro. Nel mese di dicembre 2023 “la richiesta, come prevedibile, è cresciuta ancora – ha spiegato Alessandro Picchioni della Filctem CGIL Firenze a Repubblica Firenze -. Nel primo trimestre 2024 non ci aspettiamo miglioramenti. Non sappiamo quanto durerà questo fenomeno”. Le motivazioni che spingono questa impennata di richieste d’aiuto da parte delle aziende del settore moda e pelle sono molteplici. “Siamo di fronte a beni voluttuari, ci sono accelerazioni e decelerazioni che in altri settori non esistono”, ha commentato lo stesso Picchioni.

 

 

Gli squilibri internazionali pesano sui distretti

Tra i fattori che hanno determinato l’inasprirsi delle difficoltà per il settore moda ci sono i problemi nel reperimento delle materie prime e l’aumento esorbitante dei costi di alcuni componenti. Come ad esempio, nella componentistica metallica, già a ottobre a Scandicci c’erano state manifestazioni per lanciare un grido d’allarme per l’esplosione dei costi del palladio per la galvanizzazione degli accessori, che arriva dalla Russia con un prezzo quintuplicato. Ad accusarne le peggiori conseguenze sono i distretti produttivi e la filiera contoterzista. L’export del distretto tessile di Prato nel terzo trimestre 2023, secondo Confindustria Toscana Nord, è diminuito del 14,6% rispetto allo stesso periodo del 2022 (anno che segnò, nel complesso, un +20,3% sul 2021), e anche a Scandicci (Firenze) il raffreddamento dei mercati internazionali si fa sentire con un calo del lavoro che mette in ginocchio PMI e artigiani del settore.

 Promesse disattese dalle griffe del lusso

“Abbiamo iniziato a soffrire a fine 2022 – racconta il presidente di CNA Scandicci-Lastra a Signa, Simone Balducci, a Repubblica Firenze –. I dirigenti delle grandi griffe a marzo 2023 promettevano ancora raddoppi del fatturato ai fornitori, ma le produzioni erano già a rilento. A dicembre scorso sono stati tagliati gli ordinativi per il 2024. E da parte della politica regionale c’è scarsa attenzione sulla diversificazione degli investimenti”. Le associazioni e le sigle sindacali reclamano un incontro in Regione per predisporre ammortizzatori sociali che sostengano le ditte in difficoltà e preservino le aziende artigiane, le realtà forse più fragili da un punto di vista di struttura aziendale. “Il risultato, per ora, è la cassa integrazione, che si diffonderà maggiormente quest’anno a meno di cambi eclatanti”, continua Balducci auspicando un intervento delle istituzioni a sostegno dell’impresa. (mvg)

Foto d’archivio

 

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