Un esempio della libertà in Gucci è la collaborazione con Balenciaga. Tra le iniziative per celebrare i 100 anni del marchio fiorentino, il direttore creativo Alessandro Michele ha inserito anche una capsule con una griffe certo affine (anche solo perché controllata dallo stesso gruppo, Kering), ma comunque estranea. Un fatto piuttosto insolito, oltre che innovativo. “Le persone hanno voglia di fare cose diverse e apparentemente vietate – spiega Michele –. Io e Demna (Gvasalia, fondatore di Vêtemens e direttore creativo di Balenciaga, ndr) ci conosciamo e ci stimiamo. Gucci ha la capacità di rinascere come una fenice e io l’ho fatta rivivere con nuove iniezioni di idee”. Certo, questo vuol dire ibridare modelli e silhouette. “Ho hackerato, come dice qualcuno, rubacchiato, che c’è di male – si chiede Michele –? Nel nostro mondo ci si chiude. Invece scambiarsi le idee è fondamentale”.
I ricordi
Michele è ospite di Muschio Selvaggio, il podcast condotto da Fedez e Luis Sal (al secolo Sergio Lerme). L’intervista è occasione per ripercorrere la carriera. Dagli esordi, in Les Copains: “Ero in fabbrica – ricorda –. Allora l’azienda produceva per tantissimi marchi. Ho imparato come si lavora, ho imparato che le cose belle si fanno insieme”. Inevitabilmente, si parla del 2015, quando lo stilista arriva alla guida di Gucci: “È un’esperienza meravigliosa, faticosa, inaspettata”. In che senso inaspettata? “Ero sull’orlo delle dimissioni, me ne stavo andando – risponde –. Poi un caffè con Marco Bizzarri mi ha fatto cambiare idea”.
La libertà in Gucci
In questi anni di guida del marchio dalla doppia G Michele ha sempre “avuto libertà di fare cose davvero strane: in libertà ho prodotto risultati interessanti”. Per lui che, come racconta, si considera un umanista dagli interessi trasversali, la libertà è una condizione imprescindibile. Al punto da sentire l’esigenza di “tornare a un oltre il mercato della moda”. Le griffe si condizionano a vicenda in fatto di trend, ma la verità è che nel pubblico “molti si vestono come gli va”. È in questa capacità di svincolarsi dagli obblighi che sta la chiave del successo. “Io l’ho fatto a modo mio – conclude –. A me negli anni della formazione non ha mai interessato entrare nelle boutique, mi piacevano l’arte e la musica. Poi certo porto il retaggio di tutte le mie esperienze, ma mi ha sempre interessato la creatività e la creatività è così, è gassosa. Ho preso spunto dall’ingegno di Guccio Gucci, che ha costruito un impero su un’intuizione”.
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