Capitolo primo. Moncler abbozza su Kering. Il brand italiano non nega di avere relazioni con l’holding francese del lusso, ma nega che ci siano trattative in corso: l’ipotesi di acquisizione sarebbe solo, appunto, un’ipotesi. L’idea che ancora una volta un’eccellenza nostrana finisca sotto controllo di capitale transalpino fa già storcere il naso a qualcuno. E Andrea Montanari da Milano Finanza lancia una provocazione: perché non si occupa Cassa Depositi e Prestiti di fondare il polo italiano del lusso?
Moncler abbozza su Kering
È lo stesso brand dell’iconico piumino a dire la sua sulla vicenda. “Remo Ruffini, nella sua veste di azionista di Moncler, desidera precisare che – riporta il Sole 24 Ore – periodicamente intrattiene contatti e interloquisce con investitori e altri operatori del settore, tra cui il gruppo Kering, su eventuali opportunità strategiche per promuovere ulteriormente lo sviluppo di Moncler”. Vuole per caso dire che, dunque, qualcosa si muove? Non proprio: “Allo stato non vi è – continua il comunicato – alcuna ipotesi concreta allo studio”. Secondo il Sole, non ci sono né dossier, né advisor pronti a farli girare.
Intervenga lo Stato
Il tema è antico: la moda italiana non è riuscita a creare aggregatori industriali e finanziari. Mancano LVMH tricolori, insomma. Montanari, dunque, propone una soluzione. “Se il lusso è un settore strategico e in Italia ci sono ancora eccellenze (come Dolce & Gabbana e Prada, ndr) perché lo Stato non studia un progetto specifico?”. La proposta, insomma, è che sia la Cosa Pubblica a farsene carico, per evitare che il patrimonio nostrano vada (finanziariamente) disperso. “Perché con tutti i dossier sul tavolo – conclude Montanari –, i vertici di CDP non valutano questa opzione? Per ora solo FSI ha rilevato il 41% di Missoni. Ma non basta. Serve di più. Altrimenti i francesi continueranno a valicare le Alpi e fare incetta di brand”.
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