L’ultima settimana si è aperta col botto. Anzi: con lo schianto. Quello di una nota alternativa alla pelle che ha smesso di esserlo. Semplicemente perché chi doveva metterci i soldi – quelli veri, non quelli necessari per creare hype, prototipi, attese (in sintesi: marketing) – non ci ha creduto, così Mylo è andato a gambe all’aria. Nel frattempo, da Ponte a Egola arriva una notizia, indirettamente (ma fino a un certo punto), spiega perché Mylo s’è sgonfiato. È quella di una joint venture che vede protagonisti un gruppo conciario toscano, un grezzista italiano e una conceria francese, “uniti” sotto l’ombrello di Chanel. A proposito di Francia, moda e lusso. A Parigi si sono svolte le sfilate dell’Haute Couture e non sono proprio state un granché. Al punto che Giorgio Armani (per primo) s’è posto la fatidica domanda: “Ma io, che ci vengo a fare?”
La joint venture
Gruppo Volpi e Tanneries Haas uniscono le forze con il grezzista italiano Campelli e dando vita a una joint venture denominata Volfoni. Alle spalle dell’operazione c’è Chanel Métiers d’Art e qui ve ne abbiamo spiegato i dettagli e il senso.
A gambe all’aria
Pareva lanciata a tutta velocità verso l’obiettivo della “rivoluzione della moda”, e invece Mylo si schianta contro il muro della banale contabilità. La startup statunitense Bolt Threads ha annunciato di aver cessato la produzione del materiale alternativo alla pelle generato a partire dal micelio, l’apparato vegetativo dei funghi. Qui abbiamo scritto perché lo schianto non è soltanto rumoroso, ma, soprattutto, somiglia a un monito.
La domanda
Prima o poi capita di sentirsi fuori luogo e chiedersi “Cosa ci faccio qui?”. Quando, per primo, a porsi questa domanda è Giorgio Armani, però, le antenne si alzano immediatamente. Oggetto, come vi raccontiamo qui: la perdita di appeal e focalizzazione delle sfilate parigine dell’Haute Couture, svolte durante gli ultimi giorni. Domanda forse provocatoria, ma soprattutto molto realista. Al punto che ha suscitato un dibattito, come scriviamo qui e qui.