Per Bottega Veneta l’emozione che suscita un prodotto artigianale supera l’ossessione per la tecnologia e la novità. Così, ad esempio, l’invito alla sfilata di Milano (26 febbraio) non è digitale e scansionabile, ma un ritaglio di pelle verde recuperato dalla lavorazione delle borse. “Penso che sia interessante toccare la qualità, qualcosa di molto fisico”, sono le parole di Matthieu Blazy, direttore creativo alla prima sfilata.
Stilista al debutto in passerella
Blazy (nella foto, a destra) confronta la produzione che sfrutta la tecnologia e quella artigianale. E non crede all’assunto per il quale con la prima si tirano fuori per forza delle novità, mentre con la seconda solo prodotti già visti. “Non è che se fai qualcosa a mano vuol dire che il tuo prodotto non sia nuovo – dice a BoF –. L’artigianato per me è senza tempo”. Il designer belga è critico di fronte a chi cerca di creare sempre qualcosa di visivamente nuovo. Soprattutto se crede che, per farlo, si debba per forza utilizzare una nuova tecnologia. “Potrebbe essere una novità nella produzione, ma il risultato è davvero nuovo?”. Al contrario. proprio il legame tra Bottega Veneta e l’artigianato, cioè la possibilità di interloquire direttamente con i fornitori, è l’aspetto che affascina di più Blazy e che lo ha spinto ad accettarne l’incarico di direttore creativo.
Il valore del prodotto artigianale
Per Bottega veneta dici artigianato, dici pelle. “Quello che mi interessa davvero in Bottega – dice Blazy – è che, in primo luogo, è un’azienda di borse. Significa che sei in movimento. Stai andando da qualche parte con una borsa. E mi piace l’idea del lusso in movimento”. Che cosa vedremo nella prossima collezione di accessori? “Tanta pelle, ma niente modellato, niente fatto a macchina – risponde –. Tutto è davvero fatto a mano al 100%: abbiamo realizzato molte borse che non hanno assolutamente cuciture. Non penso che tu debba sempre reinventare qualcosa se funziona bene. Quindi abbiamo proposto nuove forme, ma la tecnica di produzione è la solita”. (mv)
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