È difficile spiccare (e rimanere autonomi) in un mercato del lusso in concentrazione. Eppure, non è impossibile. Ci sono diversi esempi a testimoniarlo, ma il modello è Cucinelli (o, in proporzione, Golden Goose): un brand in grado di coltivare la propria differenza, smarcandosi dagli standard dettati dai big (ed evitandone gli appetiti).
Il mercato in concentrazione
Nel mercato del lusso, ormai, i big sono sodalizi dal fatturato che si conta in decine di miliardi. Per questo è difficile aspettarsi che chi è lontano da quelle dimensioni possa combattere ad armi pari. “Da un lato, la forte escalation dei costi fissi sta rendendo difficile per i marchi più piccoli rimanere in gioco – spiegano Luca Solca, Clementine Flinois e Renny Shao di Bernstein a MFF –. Non hanno le risorse finanziarie e umane. Dall’altro, un ritmo più veloce sta rendendo difficile per i piccoli player ritagliarsi un vantaggio: i grandi li seguono rapidamente e li superano”. Sembra un paradosso, ma è così: innovare non basta. “Un pioniere inventa un nuovo modo per attirare l’attenzione e avere più visibilità – chiosano –. Poi, a tempo debito, i grandi marchi usano la loro potenza per scalare le risorse dietro la nuova idea e rubarla”.
Il modello è Cucinelli
I gruppi di dimensioni medie non si devono arrendere all’idea di essere preda di campagne di acquisizione. C’è chi è riuscito a ritagliarsi la propria area di autonomia con la Borsa, come Prada e Zegna. E ancor, di più, c’è chi ha coltivato l’indipendenza nella singolarità: “I piccoli player devono distinguersi, evitare il comportamento di gregge – ammoniscono gli analisti di Bernstein – e rimanere tre passi avanti rispetto ai giganti”. È in questo campo che spicca la parabola di Brunello Cucinelli, secondo Solca, Flinois e Shao. O quella, per parlare di un brand dal raggio d’azione minore, di Golden Goose.
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