“Bene il 2018, ma il 2019 sarà migliore”. Mark Langer, ceo di Hugo Boss, dichiara ottimismo alla luce del bilancio 2018, anno chiuso con un fatturato di 2,196 miliardi di euro (+2% rispetto al 2017 a cambi correnti e +4% a cambi costanti). Anche l’utile netto è cresciuto del 2%. Unico dato negativo, il calo della marginalità dovuta agli investimenti per migliorare la qualità del prodotto (anche attraverso una materia prima di più alta qualità, pellami compresi) e agli effetti valutari negativi. Nel 2018 le vendite online sono cresciute del 41%, mentre le vendite comparabili del 5%. Bene il marchio Boss, che genera l’87% del fatturato, in negativo Hugo. “Nel 2019 ci sarà l’esecuzione del nostro piano industriale 2022 – ha aggiunto Langer –. Ci stiamo concentrando sulle nostre priorità strategiche per garantire una crescita redditizia nel 2019. Puntiamo ad un forte impulso delle vendite online e alle vendite in Asia, Cina in particolare”. Hugo Boss, che alla fine del 2018 aveva 14.685 dipendenti, prevede di aumentare le vendite del gruppo nel 2019 in single digit (l’abbigliamento andrà meglio delle calzature) e mira ad aumentare la marginalità lorda. Stima che l’Ebit aumenterà tra il 7-9%. Hugo Boss progetta i suoi prodotti a Coldrerio (Svizzera), comprese scarpe e accessori in pelle che poi produce nelle Marche (a Morrovalle, Macerata) e in Toscana (a Scandicci, Firenze). Nella relazione annuale della società si legge come “in rilevanti fasi di produzione, come, ad esempio, la tintura dei tessuti e la concia dei pellami, l’azienda stia aumentando il focus su nuove tecnologie e processi innovativi per prevenire il rilascio di sostanze inquinanti dannose per la salute e per l’ambiente”. (mv)
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