
Nel suo intervento, l’amministratore delegato del gruppo Ppr ha ribadito la strategicità del made in Italy per la holding del lusso che comprende, tra gli altri, i brand Gucci, Bottega Veneta, Sergio Rossi, Brioni. “Un polo produttivo su due è italiano, 4 marchi su 10 sono italiani, e generano l’80% del fatturato complessivo e il 90% del risultato operativo della nostra divisione luxury”. Pinault prevede il raddoppio del fatturato entro il 2020, ottenibile attraverso lo sviluppo dei brand in portafoglio nel comparto lusso e per il 20% tramite nuove acquisizioni nello sport. Il manager francese è stato accolto da una manifestazione di protesta dei lavoratori Fnac, la catena al dettaglio controllata da Ppr e dal futuro incerto.
Lo crescita, ha ribadito Pinault, avverrà prevalentemente in Cina e nei mercati emergenti, soprattutto quelli asiatici. Ma la produzione resterà esclusivamente made in Italy. “Nella pelle” ha detto “l’Italia ha conservato un know how unico, che altrove in Europa si è perso. Un vero e proprio genius loci, irreplicabile altrove. La struttura familiare delle imprese è alla base di questa trasmissione di valori, che noi stiamo sostenendo attraverso il supporto alle reti di artigiani e attraverso la formazione delle nuove maestranze” ha sottolineato, citando i casi di Alta Scuola di Pelletteria a Firenze e delle cooperative avviate in provincia di Vicenza con Bottega Veneta. La scelta di mantenere un sistema di filiera in Italia permette a Ppr di mantenere quegli standard di sostenibilità, ambientali e sociali, che il gruppo ha posto come obiettivo. “Questo tessuto”, ha concluso, “è abbastanza denso per soddisfare una domanda crescente”.