Il coronavirus complica i piani, certo. Ma non per questo Patrizio Bertelli ha deciso di rinunciare ai suoi. Il gruppo Prada investirà 100 milioni l’anno in acquisizioni di fabbriche italiane. Già, non in brand, ma in imprese della manifattura. Perché, malgrado la pandemia, il mercato del lusso tornerà a crescere. L’holding toscana vuole farsi trovare pronta, cioè, con un’infrastruttura verticale e di qualità.
Il lavoro
Parlando con il Sole 24 Ore, Bertelli spiega come l’organizzazione del lavoro sia stata già l’area di intervento per assorbire le ricadute della pandemia. “Ci siamo concentrati sui costi, cercando di non gravare sui dipendenti – sono le sue parole –. Ad esempio, abbiamo ridotto il costo delle collezioni del 50%, diminuendo i prototipi e facendo molte più simulazioni digitali. Anche i fornitori hanno fatto la stessa cosa: non usare la leva della cassa integrazione, ma dell’organizzazione del lavoro”. È da questa consapevolezza che deriva il piano industriale. “Investiremo 100 milioni all’anno – annuncia Bertelli –. La produzione made in Italy sarà sempre più importante. Per anni ho detto che quel che contava era il made in Prada. Ma oggi il made in Italy non è più solo un tema di marketing, è un tema di difesa del territorio, del know how artigiano. L’80% della nostra produzione è made in Italy”.
Acquisizioni di fabbriche italiane
Nel futuro del gruppo, che già gestisce 22 siti produttivi, ci sono ancora lavoro e manifattura. “I francesi hanno chiuso le fabbriche in Francia e, visto che in Italia non le avevano, le stanno costruendo adesso – dice, in riferimento ai recenti investimenti delle holding transalpine –. Prada invece è nata con le fabbriche, per noi fare fabbriche è come mangiare un piatto di pastasciutta”. Proprio per questo Bertelli può affermare che il gruppo continuerà “ad acquisire fabbriche”, non brand “che non mi interessano”. “Per me questo è un impegno sociale – afferma – oltre che industriale. Lo vedo come un modo per salvaguardare il territorio: non possiamo disperdere energie e know how, e dobbiamo pensare ai prossimi vent’anni, quando il mercato del lusso sì allargherà”.
Le prospettive di mercato
Al momento, con la pandemia in corso, la situazione è critica. “Il problema è soprattutto l’Europa: in questo momento abbiamo 114 negozi chiusi: è chiaro che mancano i ricavi”. Per Bertelli, lo spartiacque del 2021 sarà marzo: “A quel punto finiranno i lockdown pesanti in corso in Germania, Svizzera, Austria, Francia, Inghilterra e anche in Svezia – argomenta –. Cambierà la stagione e ci potranno essere segnali positivi. Marzo sarà un mese fondamentale”. Il virus ha imposto al mercato uno stop, ma le prospettive sono rosee: “Tra vent’anni il mercato del lusso sarà ancora più grande di oggi – conclude il manager –. A cinque miliardi arriveremo nel giro di quattro cinque anni”.
Nella foto: Patrizio Bertelli (nel riquadro, Imagoeconomica) e la fase di lavorazione di una borsa Prada (tratta dal video T Process | The Making of Prada’s Most Iconic Bag)
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