Etica e qualità, comunicazione e performance. Hermès, in pandemia, soffre meno dei suoi rivali del lusso. Nei primi 3 mesi dell’anno, la maison francese, in percentuale, ha perso meno della metà di LVMH e Kering. Ma, al di là di numeri e dati, Hermès ha preso decisioni a tutto campo molto apprezzate. Per esempio, continua a pagare lo stipendio base a tutti i suoi dipendenti nel mondo. Ha donato 20 milioni di euro agli ospedali di Parigi e 30 tonnellate di soluzione idroalcolica e mascherine. E ha tagliato dividendo degli azionisti e compensi dei manager. Ma questa è solo la cronaca più recente. Tanto altro, infatti, contribuisce a spiegare la peculiare identità di Hermès.
Storia e reputazione
I fattori che rendono Hermès particolarmente solido sono diversi. Ci sono elementi storici e reputazionali. La griffe è considerata particolarmente resiliente a crisi e stress finanziari, grazie anche alla sua attenta gestione di produzione e scorte. Per esempio, la richiesta di borse Birkin, sottolinea Business of Fashion, genera una lunga lista di attesa e dimostra di essere sempre un accessorio immune alle tendenze moda e alle crisi di mercato.
Elementi congiunturali
A spiegare perché Hermès soffre meno dei suoi rivali, ci sono anche elementi congiunturali. Il CEO della griffe transalpina, Axel Dumas, ha affermato che la resiliente performance nel primo trimestre (“solo” -6,5% a cambi correnti) è stata in parte dovuta a un “gennaio incredibile“. Secondo Dumas: “Il capodanno cinese conta quasi come un doppio mese”. Inoltre, a differenza di alcuni competitor, la griffe francese non ha avuto problemi di supply chain fino a quando, a metà marzo, non è stata costretta a chiudere i suoi laboratori produttivi in Francia. Ecco perché nel primo trimestre 2020 Hermès ha perso il 7,7% a cambi costanti, contro il -12% atteso dagli analisti, e rispetto a -16,4% di Kering e -17% di LVMH. (mv)
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