L’aumento del livello di qualità del prodotto, l’iper-localizzazione e la sostenibilità. È su queste direttrici che si articola la reazione del lusso inglese alla tempesta perfetta scatenata da Covid, Brexit e lo stop agli acquisti tax free. Helen Brocklebank, CEO di Walpole (nella foto a destra), fa il punto della situazione. Walpole, fondata nel 1992, riunisce oltre 270 membri (tra cui Burberry, Rolls-Royce e Harrods), e ha come obiettivo quello di promuovere, proteggere e sviluppare il lusso britannico. Il settore prima della pandemia valeva circa 48 miliardi di sterline (66 miliardi di dollari) e cresceva di quasi il 10% ogni anno.
La reazione del lusso inglese
“I manager del settore hanno risposto alla tempesta perfetta innovando molto, molto rapidamente – ha detto Brocklebank a Jing Daily –. Oggi è tutto a disposizione di tutti con lo smartphone. Per questo il cliente di lusso desidera qualcosa che, quando torna a casa, non ha nessun altro. Se ha visitato il Regno Unito, vuole qualcosa che sia disponibile solo qui o, ancora meglio, fatto solo qui. L’aumento del livello di qualità del prodotto e l’iper-localizzazione sono i due driver che vedo seguire dai marchi di lusso britannico”.
Occhio ai clienti cinesi
Il lusso britannico pensa a conquistare i clienti cinesi, sia quelli residente in Patria che quelli che vivono nel Regno Unito. Specie i più giovani. “Come fai ad assicurarti che il lusso sia a prova di futuro?” si chiede Brocklebank, che accenna al fenomeno della gamification. Ma secondo la manager, per la Gen Z il lusso si traduce spesso in un interesse per l’analogico, l’artigianato, il modo in cui un oggetto viene assemblato. “Sono sbalordita da come i sedicenni siano interessati a vedere come viene costruita una scarpa Oxford molto formale – conclude –, dalle suole al foro del laccio. È una novità e penso che sia di buon auspicio per il futuro del lusso”. (mv)
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