Gucci e Kering fanno discutere gli analisti finanziari. Nel primo trimestre 2025 si teme un altro crollo per il marchio di punta della scuderia guidata dalla famiglia Pinault. Alcuni analisti pensano che sia un titolo sottovalutato. Altri sono neutrali e predicando prudenza e pazienza. Atri ancora si mostrano pessimisti. Temono che il fatturato di Gucci possa scendere a 5 miliardi, la metà di 3 anni fa.
Il futuro di Gucci e Kering
Ieri lunedì 31 marzo, si è chiuso il primo trimestre 2025. Il rallentamento dei consumi negli USA e la stagnazione di quelli in Cina non fanno sperare in liete novelle per il settore del lusso. Inevitabilmente, nell’occhio del ciclone finisco Kering e il suo marchio di punta: Gucci. Negli ultimi giorni diverse società hanno ribassato il target price del titolo. RBC lo ha ridotto da 260 a 240 euro, poiché prevede che il reddito operativo organico di Kering scenderà del 13% a 3,93 miliardi di euro nel primo trimestre di quest’anno. Mentre il reddito operativo di Gucci dovrebbe crollare del 26%. Il giudizio di RBC è Neutral, lo stesso di Bernstein.
Analisti divisi
Anche Morgan Stanley e Citi hanno ridotto il target price. Per JP Morgan l’indicazione è “sell”. In altre parole: il titolo va venduto a causa di prospettive cupe. Jelena Sokolova di Morningstar, viceversa, considera Kering un titolo profondamente sottovalutato. Mentre Nick Clay, gestore del fondo TM Redwheel Global Equity Income, fa notare che il nuovo cambio di direttore creativo ritarderà ulteriormente i tempi del turnaround del marchio. “Dobbiamo essere pazienti”, afferma Clay (fonte Morningstar).
Pessimismo cinese
In Cina, dove Gucci è maggiormente esposto, sono più pessimisti. Temono che la caduta di Gucci sia proseguita nel primo trimestre 2025. Non solo: ritengono “un compito molto arduo” non far precipitare il fatturato del marchio a 5 miliardi di euro nel 2025. Praticamente meno della metà del 2022. Questo anche perché, osserva il portale Ladymax, “se la direzione creativa di Demna porterà cambiamenti positivi, potrebbe fornire all’azienda un po’ di spazio per una ripresa. Ma è improbabile che ciò accada prima della fine del 2025”. (mv)
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