Il mercato è in crescita, anzi ha continuato a crescere a doppia cifra anche negli anni di crisi. E questa è indubbiamente una buona notizia. Ma la vita degli allevatori australiani di coccodrillo, come scrive un lungo reportage del magazine Katherine Time, è tutt’altro che semplice. Perché? Lo spiegano i manager di alcune delle 14 aziende che da sole lavorano l’80% della produzione nazionale. I rettili sono conferiti quando raggiungono gli 1,8 metri di lunghezza e i 20-25 chili di peso: la singola pelle vale circa 1.000 dollari australiani (circa 650 dollari). Qui sorge il primo problema: perché se le pelli di altissima qualità sono molto richieste, quelle di segmento inferiore no, e basta un solo graffio o una sola macchia per svalutare il materiale. Risultato: appena la metà delle pelli prodotte, riporta Katherine Time, sono vendute alla valutazione massima. Non solo. Gli allevatori investono in sistemi di termoregolazione per evitare che i coccodrilli si strofinino tra loro (a danno della pelle) e in stalli singoli dove tenere gli animali negli ultimi 9-12 mesi di allevamento. Ma non è detto che basti per evitare che si feriscano tra loro. Mentre il foraggio dei rettili rappresenta uno dei costi operativi più alti, mancano protocolli internazionali che permettano di sfruttare la vendita delle carni in mercati che sarebbero ricettivi (Giappone e Cina su tutti).
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