Dal momento che la domanda bangladese langue, preclusa com’è ai mercati esteri, ci sono organizzazioni criminali che portano di contrabbando le pelli grezze in India. Dove ci sono concerie dotate di certificazioni e quindi nelle condizioni per esportare verso i Paesi occidentali. È la denuncia di BTA, Bangladesh Tanners Association. Che punta il dito allo stesso tempo verso le organizzazioni criminali. E, soprattutto, verso le autorità nazionali, cui fa capo la responsabilità delle infrastrutture, ma che non mettono le concerie bangladesi nelle condizioni di lavorare al meglio.
Quelli che portano di contrabbando pelli in India
“Ci sono stati indiani di confine – sostengono da BTA – che hanno messo a punto impianti di trattamento dei reflui, in virtù dei quali le concerie locali hanno le certificazioni internazionali”. Il riferimento è allo stato del Bengala Occidentale, dove c’è Calcutta che col suo distretto fa concorrenza anche agli altri poli indiani della pelle. Ma la critica è rivolta, dicevamo, anche alle autorità bangladesi. La gestione delle acque (il consumo totale e la loro depurazione) è il punto debole che non consente alle imprese del Bangladesh di accedere alle certificazioni richieste dai brand occidentali. “Lavoriamo a perdere – continua BTA – perché abbiamo dovuto affrontare con investimenti privati le mancanze del settore pubblico”. Il nervo scoperto è il distretto di Savar, eterno incompleto. BTA, che ne ha chiesto il cambio di governance, non lesina le critiche a BSCIC, l’associazione delle piccole e medie imprese, che non è mai riuscita a garantirne le condizioni ideali.
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