L’ultima retata in Pakistan dà la misura dei contorni che sta assumendo il fenomeno del contrabbando di pelli d’asino. A fine aprile a Karachi è stata sgominata una gang di 7 persone, tra cui un cittadino cinese, finanziatore delle sue attività. Alla gang le autorità hanno sequestrato 592 confezioni contenenti in tutto oltre 4.700 pelli d’asino provenienti dalla zona di Lahore e pronte a essere contrabbandate oltre confine. Il valore della merce, stando alla stampa locale, è di circa 118 milioni di rupie pakistane (poco più di un milione di euro). La partita era destinata al mercato cinese, dove la pelle d’asino è impiegata per la produzione di ejiao, un rimedio della medicina tradizionale oggi considerato un prodotto di lusso. I canali, legali e più spesso illegali, di approvvigionamento della produzione cinese stanno diventando motivo di allarme nei Paesi asiatici e africani detentori di materia prima. Secondo un’inchiesta giornalistica condotta da IOL – African Indipendent (gruppo editoriale con sede a Città del Capo, Sudafrica) ormai si può parlare di “Olocausto silenzioso degli asini”: “La domanda cinese chiede ogni anno il conferimento tra i 4 e gli 11 milioni di asini – si legge nel pezzo –: ma la popolazione mondiale è di 44 milioni di capi. È una situazione insostenibile”.
TRENDING