Da quando inizia esattamente l’obbligo di tracciabilità (geolocalizzazione) del bovino e della pelle bovina? Quanto è responsabile un operatore a valle della filiera di eventuali dichiarazioni di due diligence sulle geolocalizzazioni degli allevamenti non conformi ai requisiti del Regolamento Deforestazione (EUDR) fatte da chi sta a monte? Come verificare se un punto di geolocalizzazione è in un’area deforestata o meno? Come si gestisce il collegamento tra le due diligence dei lotti acquistati e quelle dei lotti in uscita dalle concerie? Quando sarà disponibile il sistema informativo per la comunicazione dei dati? Mancano 7 mesi all’entrata in vigore del fatidico regolamento EUDR 2023/1115. Del regolamento, cioè, che dal 30 dicembre 2024 dovrebbe obbligare gli operatori commerciali a dimostrare con una “dovuta diligenza” (due diligence) che la pelle bovina (a tutti gli stadi di lavorazione) acquistata da qualsiasi Paese (UE o extra UE) non è collegata a deforestazione, degradazione ambientale o pratiche illegali. Ma gli aspetti del regolamento da chiarire sono ancora di gran lunga superiori a quelli chiariti.
L’allarme
Il regolamento EUDR minaccia di distorcere il mercato, colpendo solo il commercio di pelle, ma non dei prodotti finiti in pelle. E di ingolfare con oneri e costi una filiera già alle prese con le difficoltà della congiuntura. Se ne è discusso durante un webinar organizzato il 22 maggio da UNIC – Concerie Italiane e Camera Arbitrale delle Pelli (CAP). Non è una consolazione sapere che il regolamento pone gli stessi problemi anche ad altre categorie di prodotto (come la gomma, il legno o il caffè). Mentre è rassicurante, ma non sufficiente a fugare tutti i dubbi, il recente chiarimento della Commissione sulla possibilità di tracciabilità delle pelli in lotti. “La Commissione si è impegnata a fornire le linee guida per la redazione delle due diligence, ora disponibili solo in bozza, entro luglio – ha spiegato Giulia Martin (UNIC) –. E inoltre entro fine maggio dovremmo avere maggiore chiarezza su quale data di nascita considerare per iniziare l’obbligo di tracciabilità dell’animale. Mentre aspettiamo ancora di conoscere la classificazione di rischio dei Paesi di origine, da cui dipenderà il tipo di dovuta diligenza da redigere”.
Ma mancano 7 mesi appena
I dubbi e le domande degli addetti ai lavori non terminano qui: che bisogna fare, ad esempio, con i sottoprodotti della pelle come croste e spalle? “Il Regolamento, che a rigor di logica non dovrebbe neanche includere la pelle – spiega Luca Boltri, vicedirettore di UNIC –, impone alle concerie e agli operatori a monte di adeguarsi, in tempi strettissimi, a un sistema di tracciabilità di filiera che al momento sostanzialmente non esiste in nessuna parte del mondo, neanche nell’UE, e che in certe aree non è neanche tecnicamente possibile costruire”. Non è un caso che 22 membri UE (su 27) abbiano chiesto a Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, di rimandare l’applicazione del regolamento: serve più tempo a tutti, all’UE per fare chiarezza e alle filiere per mettersi al passo. “Oltretutto i coni d’ombra sull’applicazione del regolamento aprono a possibilità di controversie – ammonisce Francesco Matelli (CAP) –, che solo un’accurata contrattualistica potrebbe forse mitigare”.
Foto d’archivio
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