L’autogol dell’Uganda nel commercio delle pelli. A Jinja, una popolosa città che sorge sulle sponde del lago Vittoria, hanno chiuso 4 concerie in pochissimo tempo e centinaia di persone hanno perso il lavoro. Il problema che hanno incontrato le aziende è stato causato dal governo centrale di Kampala. Come? Ostacolando l’export di pellame grezzo. Il risultato è stato disastroso.
In Uganda chiudono 4 concerie
Nel giro di pochissimo tempo, a Jinja, in Uganda, hanno chiuso i battenti quattro concerie. Nell’ordine: SWT Leather Industries, Mehaka Leather Exim, Uganda Leather and Tannery Industries e Loyal Small Scale Industries. L’amministrazione comunale ha sottolineato come la chiusura di queste attività abbia comportato l’aumento della disoccupazione e la riduzione delle entrate nelle casse comunali. In città ora è rimasta solo Skyfat, un’azienda di proprietà cinese che è l’unica cliente dei locali commercianti di pellame.
La colpa la danno al governo
Nell’edizione ugandese del portale monitor.co (da cui è tratto lo screenshot), il presidente del mattatoio di Jinja Chrizestom Kagolo ha le idee chiare su chi sia il colpevole. In altre parole, attribuisce la crisi agli ostacoli che il governo ha frapposto per l’export di pellame grezzo. Una decisione che aveva l’obiettivo di favorire la vendita all’estero di wet blue. Cosa è accaduto? Il mercato ha deciso per tutti. L’export di wet blue non è mai decollato, mentre i prezzi del grezzo sono crollati rendendo l’attività non più remunerativa. Le aziende che prima si mantenevano in vita esportando grezzo sono andate in crisi.
Risultato disastroso
“Quando il governo è intervenuto nel settore della pelle e ha iniziato a tassarlo, abbiamo perso il mercato delle esportazioni. Anche perché se un Paese firma un accordo commerciale con un altro e poi lo viola, perde questo mercato” osserva Samson Ojune, presidente dell’associazione dei commercianti di bestiame del distretto di Katakwi. (mv)
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