La Repubblica d’Irlanda dovrebbe indurre gli allevatori a rinunciare al 30% del proprio patrimonio bovino. Anzi, per essere più precisi, il Climate Change Advisory Council sostiene che i capi da dismettere debbano essere tra le 500.000 e il milione e mezzo di unità. In più, la filiera zootecnica dovrebbe spostare il proprio baricentro dalla produzione di carne all’industria lattiero-casearia: meno manzi e più mucche, insomma. Come riporta The Indipendent, l’agenzia suggerisce oltretutto a Dublino di muoversi in tempi celeri.
Il cambiamento climatico
Nell’agenda 2020 l’Irlanda s’è data lo scopo di abbattere le proprie emissioni gassose. L’obiettivo annunciato era raggiungere il -20% (rispetto al 2005): a un anno dalla scadenza, il risultato effettivamente conseguito si attesta intorno al -5%. Per questo il Climate Change Advisory Council, per cambiare marcia, consiglia al governo di “picchiare” sulla zootecnia: malgrado la correlazione tra allevamenti e cambiamento climatico è più mito che realtà, l’associazione di idee è sempre frequente.
Che cosa c’è che non va
Tutto ok? Insomma. Perché al pacchetto di misure suggerite dal Climate Change Advisory Council risponde, ancora dalle colonne di The Indipendent, Trevor Donnellan, presidente di Teagasc (Agenzia pubblico-privata per l’Agricoltura). Questi esprime più di una perplessità, ma su tutte pone l’accento proprio sulle implicazioni in termini di emissioni e sostenibilità. L’auspicato spostamento verso l’industria lattiero-casearia, ad esempio, comporterebbe “il triplicarsi dei volumi di consumo di nitrogeno per ettaro” rispetto ai parametri attuali. Sicuri, allora, che basta togliere la carne per risolvere il problema?