La carne sintetica invoca sussidi pubblici: “Sennò finiamo male”

La carne sintetica invoca sussidi pubblici: “Sennò finiamo male”

Gli investimenti privati sono in drastica ritirata. E, per questo, le startup della cosiddetta carne sintetica (o coltivata, che dir si voglia) invocano sussidi pubblici. “Altrimenti il settore va incontro a una valle della morte”, dice un addetto ai lavori. Il grido di dolore (o la bussata a denari, se vogliamo affrontare la questione in maniera prosaica) arriva dal Future Food-Tech Innovation Summit di Londra.

La fuga degli investitori

Come riporta la testata specialistica AFN, la raccolta di investimenti privati del settore ha conosciuto un drastico calo. Secondo i dati AgFunder, le startup della carne sintetica hanno incassato 989 milioni di dollari nel 2021, ma soli 807 nel 2022 e appena 177 nel 2023. Per il 2024 ci sono solo stime, of course. La premessa è che fin qui solo due imprese hanno conosciuto round di finanziamenti interessanti: Mosa Meat’s con 43 milioni e Even After Foods con 10. Ma l’aspettativa è che il bilancio complessivo a fine anno sarà in calo del 50% su base annua. È una parabola che abbiamo osservato anche con le alternative next gen della pelle: quando il denaro costava poco, gli investitori ci mettevano capitali a cuor leggero. Da quando, per l’inflazione e le conseguenti politiche restrittive delle banche centrali, il denaro ha cominciato a valere sempre di più in un’economia stagnante, i rubinetti si sono chiusi.

 

 

La rivoluzione che invoca sussidi pubblici

“Senza una massiccia infusione di investimenti pubblici andiamo incontro a una valle della morte”, dice Robert Jones di Mosa Meat. Anche perché, ammettono gli stessi interessati, la carne sintetica ha bisogno ancora di molti anni per arrivare a interessanti livelli di scalabilità industriale e commerciale. La crisi ci ricorda molto anche quella della cosiddetta “carne vegetale”, che doveva rivoluzionare il mercato del food e invece si è ritirata in buon ordine in una nicchia (neanche tanto prolifica). Ed è interessante che dal mondo della cultivated meat arrivi un’autocritica che chiama in causa proprio la carne vegetale: “Come loro, ci siamo autoinflitti un danno con una retorica aggressiva che poteva andar bene all’inizio – chiosa Owen Ensor di Meatly – per suscitare l’entusiasmo degli investitori, ma che ha generato reazioni negative nel pubblico, nei potenziali partner e nell’ambiente politico”.

Foto Shutterstock

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