Il periodo gennaio-maggio è stato molto negativo. Un recupero parziale si è visto solo nel secondo semestre. La congiuntura, intanto, è ancora debole. L’impatto del Covid sulla carne UE si traduce nel -1,67% nel 2020 e nella proiezione del -0,46% nel 2021. Ma la filiera comunitaria non demorde e, anzi, si mobilita per rappresentare al meglio le proprie priorità. In sinergia con Cotance, la sigla che rappresenta a Bruxelles le associazioni nazionali della concia.
Il Covid sulla carne UE
È il Dipartimento statunitense delle Politiche Agricole (USDA) a fare i conti. Nei primi 5 mesi del 2020 le macellazioni europee sono calate dell’4,91% su base annua. Solo un secondo semestre in ripresa, dicevamo, ha permesso al settore di normalizzare le operazioni e chiudere a -1,67%. Le criticità, in primis la lentezza della ristorazione, non sono terminate. Per questo la prospettiva per l’anno in corso è che le esportazioni verso i Paesi extra-UE saranno più forti della domanda interna, mentre il bilancio rimane ancora in area negativa.
La sinergia con Cotance
Intanto Cotance, insieme anche a Fur Europe, ha unito le forze con altre 9 associazioni legate all’industria zootecnica nell’inter-gruppo European Livestock Voice. Ai primi di marzo ELV ha già fatto sentire la propria voce a chi soffia a favore della cosiddetta carne sintetica, cioè quella prodotta in laboratorio. L’inter-gruppo dà appuntamento per il 25 marzo, quando presenterà la campagna di comunicazione “The 9 paradoxes of Farm to Fork”. “La strategia comunitaria Farm to Fork è molto ambiziosa – si legge nell’invito –, ma il settore zootecnico europeo teme che non si tenga davvero conto delle sue tradizioni agricole e degli enormi progressi già compiuti. Gli allevatori sono attori impegnati nel cambiamento verso una maggiore sostenibilità. Ritengono che l’approccio Farm to Fork si basi su preconcetti errati”.
Leggi anche:
- Cotance al lavoro per il database dei contratti collettivi europei
- Le alternative eco non sono meglio della pelle: lo dice la scienza
- Allbirds vuole fare “sostenibilità per le masse”, ma la fa male