Il mercato della carne vola. Le prospettive, per di più, sono di crescita fino al 2024. Di chi è il merito? Dei cinesi e dei Paesi emergenti per i prodotti bovini, degli arabi per le ovicaprine. Questo è vero a livello globale, ma non vale per il Vecchio Continente. Già, perché l’Italia e l’Europa non partecipano al party della carne. Lo certificano le valutazioni della Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale ISMEA sulla base dei dati ISTAT ed EUROSTAT.
L’andamento nostrano
Nel primo semestre del 2019 il numero dei bovini macellati in Italia è calato dell’1,6%. Nel periodo è calata anche la quantità di carne proposta sul mercato (-3%). Questo perché sono diminuite le quote di capi pesanti a favore delle femmine e dei giovani. Nel periodo gennaio-giugno hanno ceduto in termini percentuali i conferimenti di vacche (-5,1%) e vitelloni (-2,3%), mentre sono cresciuti quelli di manze (+1,4%) e vitelli (+1,7%).
L’Italia e l’Europa non partecipano al party
Se l’Italia non ride, l’Europa piange. La produzione di carne bovina nel Vecchio Continente nei primi sei mesi del 2019 ha perso lo 0,8% su base annua. Come sintetizza il magazine Eurocarni, le ragioni sono varie. Pesano il deprezzamento della lira turca per il mercato dei capi vivi, ad esempio, e il rallentamento dell’economia tedesca per l’Europa continentale. Il risultato, però, è trasversale. In Polonia la produzione di carne è calata del 4,7%, mentre in Francia del 2,8%. Il boom della carne rossa, insomma, non riguarda l’area UE.
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