La Nuova Zelanda rinforza il sistema di tracciabilità del patrimonio bovino per non farsi più trovare impreparata da epidemie come quella del mycoplasma bovis, l’infezione (esplosa lo scorso autunno) per la cui eradicazione ora è necessario il macello di 120.000 capi. Il ministero per l’Industria Primaria ha illustrato alcune misure per ampliare lo schema del National Animal Identification and Tracing (Nait). Le nuove disposizioni, riporta la stampa locale, prevedono un censimento più stringente sul commercio del bestiame e sul pedigree sanitario dei bovini commerciati, sanzioni pecuniarie per gli allevatori inadempienti e la pubblicazione del registro dei focolai di infezione e delle aziende interessate. L’ultima norma, in particolar modo, ha suscitato reazioni forti: fin qui, per ragioni di privacy, non si poteva fare, ma nella pubblicità dell’informazione si vede ora uno strumento di garanzia per le aziende della filiera. Chi conosce le dinamiche della filiera neozelandese racconta che, dallo scorso ottobre a oggi, uno dei principali ostacoli alla soluzione dell’epidemia di mycoplasma bovis è stato proprio la mancanza di un sistema di tracciabilità che permettesse la ricostruzione della diffusione dell’epidemia lungo i canali del commercio di bestiame vivo.
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