Dai dati di LHCA non viene fuori una bella fotografia dei primi 8 mesi della pelle statunitense. Già, perché risultano in calo sia l’export di fresche e sotto sale, che di wet blue. Nel trend generale, però, spiccano gli acquisti italiani. Le concerie del Belpaese sono (già da tempo) tra i principali clienti dei fornitori statunitensi, specie per le semilavorate. Nel 2022 si confermano tra i più preziosi.
Dove spiccano gli acquisti italiani
Partiamo dai dati di export delle grezze (fresche o sotto sale). Le tabelle diffuse dall’associazione dei trader statunitensi certificano un complessivo -11% in volume (2,6 milioni di pelli) e -5% in valore (281 milioni di euro). Pesa la frenata dei principali acquirenti della tipologia, vale a dire Cina e Hong Kong (che segnano rispettivamente -25% e -16%). Così come non aiuta la performance di un grande partner continentale come il Messico (-19% in volume, ma +3% in valore). Tra le note positive, balzano all’occhio gli acquisti della zona Europa (+89% e +87%), con l’Italia sugli scudi. Vanno altrettanto bene le spedizioni verso Paesi asiatici, come Corea, Giappone, Vietnam e India.
Presidio nel wet blue
Gli 8 mesi delle pelli wet blue, pur essendo in area negativa, non sono altrettanto infelice. Le vendite complessive ammontano a 2,6 milioni di pelli (-6%) per 281 milioni di dollari (-3%). Anche in questo caso pesa la frenata dell’area Cina e Hong Kong (-19% e -12%). Ma anche in questo caso si stagliano gli ottimi affari nel Vecchio Continente al traino dell’Italia. Che con 863,4 milioni di pelli (+21%) e 87,6 milioni di dollari (+18%) si conferma il primo cliente, in volume, valore e affidabilità.
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