Continua la ripresa della pelle americana. Al contrario, la carne rischia lo stop per effetto dei mercati e della quarta ondata di Coronavirus. Se da un lato le esportazioni di pelle registrano il +42,1% su base annua in volume e il +65% in valore, dall’altro i macelli devono fare i conti con l’assenza di un numero crescente di addetti. La capacità di lavorazione della materia prima sta così scendendo e ora segna -6% rispetto a un anno fa.
La ripresa della pelle
La pelle americana esce in maniera positiva dalla crisi scatenata dalla pandemia. Secondo i dati diffusi da Leather and Hide Council of America (LHCA), tra novembre e gennaio 2021 gli Stati Uniti hanno esportato 32,2 milioni di pelli. Vale a dire il 42% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I prodotti semilavorati sono cresciuti di circa il 50%. In termini di valore, complessivamente gli USA hanno venduto all’estero 1,3 miliardi di dollari di pelli, con un incremento del 65% su base annua.
La carne rischia lo stop
Più complessa la situazione nei macelli. Un po’ alla volta, molte azienda stanno calando la produzione a causa dell’assenza di operai, costretti a casa dal virus. La variante Omicron si sta diffondendo a macchia d’olio in tutto il globo e gli Stati Uniti non sono esenti dai contagi. Anzi. Secondo i dati USDA, nella prima settimana di gennaio i macelli statunitensi hanno lavorato 112.000 bovini, ossia il 6% in meno di un anno fa. Lee Reichmuth, membro della United States Cattlemen’s Association, ha spiegato a Reuters che l’impianto Cargill a Dodge City, in Kansas, sta lavorando con “personale ridotto all’osso”. Secondo i dati di Steiner Consulting Group, diffusi sempre da Reuters, i contagi da Covid-19 sono in crescita in 26 delle 30 contee in cui sono presenti i maggiori impianti di produzione. (art)
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