La buona notizia è che in Europa dal 2015 si assiste a un incremento della produzione della carne di vitello. È troppo presto, però, per stabilire se il ritorno alla crescita è strutturale o congiunturale. Per il resto, il trend della produzione del vitello nel Vecchio Continente è simmetrico a quello dei consumi: in calo dagli anni ’60. Lo sostengono le stime riportate da Jean-Marc Chaumet, ricercatore del Dipartimento Economico dell’Institut de l’Elevage (IDELE) durante “Re-Veal Your Mind”, sesto simposio internazionale della filiera del vitello in svolgimento a La Baule (Nantes, 25-26 aprile). In Europa il patrimonio di vitelli risulta più povero di 10 milioni di unità rispetto al 1984. Unico Paese in controtendenza è l’Olanda. La diminuzione della disponibilità è stata compensata dall’aumento del peso: un vitello francese nel 1983 pesava in media 110 chili (già in crescita rispetto ai 90 del 1970), mentre oggi ne pesa 142. Andamento simile si riscontra anche in Stati Uniti e Canada, dove la filiera, più giovane, è in fase cedente. Mentre nel 2002 sono stati 600.000 i vitelli conferiti al macello, nel 2016 la cifra si è più che dimezzata passando a 218.000 unità.
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