Il bicchiere mezzo pieno viene dalla crescita in Cina e dal momento di forza negli States (che oggi vale il 20% delle vendite). Quello mezzo vuoto è rappresentato dalla frenata dell’ultimo trimestre 2017, quando le vendite si sono espanse a un ritmo dimezzato rispetto a quello registrato nei primi 9 mesi dell’anno, e da una certa debolezza della piazza europea. Ciononostante, le aspettative di Adidas per il bilancio annuale (pubblicazione prevista per il prossimo marzo) sono positive. Lo ha anticipato il ceo Kasper Rorsted a Bloomberg: la crescita dei ricavi è nell’ordine del +17/19% su base annua, step che si inserisce nel percorso diretto alla soglia dei 26 miliardi di euro da raggiungere entro il 2020. È molto più complesso, invece, il momento di H&M, che nel 2017 ha osservato sì l’aumento delle vendite (+4% per 23,7 miliardi di euro di fatturato), ma ha anche visto l’utile operativo netto contrarsi del 13% (1,6 miliardi di euro). Il gruppo svedese, un tempo re del fast fashion, attraversa una fase di trasformazione orientata al digital: la gestione del retail fisico prevede in due anni la chiusura di complessivi 261 store, mentre le collaborazioni con Tmall e Alibaba e il varo della piattaforma Afound puntano alla crescita del canale e-commerce.
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