Il voto di metà dicembre segna per l’Inghilterra una svolta. Dopo una lunga stagione di incognite, ora il Paese sa che arriverà alla Brexit alla maniera del riconfermato premier Boris Johnson, cioè dell’ala oltranzista del Partito Conservatore. Proprio per questo, la moda inglese pretende certezze. Bene che si sia posto un punto alla querelle. Ma il settore, che dà impiego a 890.000 persone e contribuisce al PIL con una quota di 32,3 miliardi di sterline l’anno, chiede che Londra non si isoli. Al contrario, che confermi il proprio ruolo di capitale globale.
La moda inglese pretende certezze
Lo ha spiegato Dylan Jones, presidente di British Fashion Council (BFC) per la moda Uomo, a MFF. “Il 2020 porta una nuova alba per la moda britannica con la chiarezza di Brexit ora all’orizzonte – sono le sue parole –. Le prospettive devono essere ottimistiche per l’industria della moda”.
Questioni inderogabili
Perché tale ottimismo sia motivato, però, la moda inglese si aspetta che Downing Street non le volti le spalle. “Continueremo a lavorare a stretto contatto con il Governo per garantire che gli interessi dell’industria della moda siano ben rappresentati – afferma Jones –. In quanto industria che contribuisce in modo significativo al PIL del Paese, le nostre priorità continuano a essere l’attrazione, lo sviluppo e il mantenimento dei talenti globali”. Insomma, BFC tutto vuole tranne che da Brexit esca un’Inghilterra isolata. Al contrario, pretende presto “nuovi accordi commerciali internazionali – conclude – con quanto questo significherà per la circolazione delle merci e delle persone, nonché nuove regole per l’importazione e le esportazioni”.
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