Una griffe del lusso può fare a meno di un leader creativo? Louis Vuitton, che dal 28 novembre 2021 ha perso Virgil Abloh, risponde sì. Almeno per il momento. L’ultimo caso è quello di Lacoste che è passata al modello collettivo dopo il divorzio da Louise Trotter. E ancora: da quasi due anni Berluti opera senza un direttore creativo. In altre parole, da quando (aprile 2021) Kris Van Assche ha lasciato la griffe. Sul mensile numero 1 – 2023 de La Conceria (cliccate qui per abbonarvi), dal titolo Stilista proviamo a dare una risposta a questo interrogativo.
Il caso Berluti
Alla domanda risponde anche Antoine Arnault, CEO di Berluti, secondo cui il passaggio al modello creativo collettivo si è rivelato perfino vantaggioso. “Sebbene si possa pensare che ci sia il rischio di essere meno in sintonia con le tendenze – dice a WWD -, è bello vedere che è successo esattamente il contrario. Uscendo dalla scena della moda e, quindi, senza l’obbligo di offrire qualcosa di nuovo a ogni stagione, abbiamo beneficiato di essere molto più sicuri di noi stessi e più fedeli alle nostre radici artigianali“.
In passerella a Parigi
Berluti, marchio della scuderia LVMH, presenta la sua collezione oggi a Parigi, tornando nel calendario ufficiale della Fashion Week. Ma a livello commerciale come sta andando il marchio? “Scarpe e borse stanno andando molto bene in Asia, soprattutto in Giappone“, osserva Arnault. Più in generale, Harold Israel, vicepresidente marketing e immagine di Berluti, dichiara che la performance 2022 è stata “molto buona. Tutti i nostri prodotti iconici sono stati rinnovati per migliorare la qualità della costruzione e perfezionare l’esecuzione in termini di fodere e finiture. E, soprattutto, per armonizzarli”. Il manager ha detto che il suo obiettivo è portare la pelletteria alla stessa qualità dell’offerta delle calzature. Insomma, gestire e far crescere una maison del lusso senza un leader creativo si può. Sarà il futuro? (mv)
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