La moda rappresenta il 21% dell’export italiano in Cina. Un mercato ritenuto vantaggioso per i grandi brand e difficile (se non impossibile) per le PMI tricol0ri, a cui non basta il “prodotto made in Italy”. Gli ostacoli sono molti. Per esempio: la vastità territoriale, l’alto grado di digitalizzazione richiesto e la necessità di avere un partner locale. Ostacoli che potrebbero precludere l’accesso a quello che sarà un mercato sempre più importante in ottica futura. Il webinar “Scenario e Prospettive per le Imprese Italiane del Settore Moda” ha cercato di spiegare come far breccia in Cina. Organizzato dall’Ambasciata d’Italia a Pechino (in collaborazione con Confindustria Moda, Camera di Commercio Italiana in Cina e con il supporto di ICE) l’evento ha proposto alcune esperienze dirette.
Eccole.
Come far breccia in Cina
Karl Schlecht, Thierry Rabotin (calzatura)
“Per ottenere risultati in Cina, la prima cosa è avere molta pazienza. Poi servono voglia di ascoltare e tanto tempo. È difficile non rimanere delusi dal mercato cinese ai primi approcci. Per le PMI, la chiave è concentrarsi su un focus e trovare il partner giusto. Covid ci è costato 18 mesi di crescita. Non è facile tornare a investire in questo momento di cali di vendite a seguito della pandemia. Le poche risorse che abbiamo a disposizione finiranno sul digitale”.
Attilio Briccola, Bric’s (pelletteria)
“Il primo sbaglio che solitamente si fa è quello di considerare la Cina come se fosse il Giappone o la Corea. Penso che un approccio tradizionale attraverso un distributore sia vecchio: occorre accorciare la filiera per poter essere più vicini al consumatore. Anche il modello con cui ci siamo sviluppati in USA non è replicabile in Cina dove abbiamo 25 negozi. Vendite online? Sì, ma un conto è aprire il negozio su Tmall, un altro è farsi vedere fisicamente. Il futuro? Le certezze che avevamo sono svanite con la pandemia”. L’unica certezza è che la Cina diventerà sempre più importante”.
Giorgio Guida, Numero Otto (pellicceria)
“Abbiamo svecchiato il prodotto per puntare a un pubblico under 35. Abbiamo lavorato con influencer, Chiara Ferragni compresa, e così siamo entrati nel mercato di Pechino. Poi abbiamo avviato una collaborazione con un’azienda cinese che vende su Tmall e che si è rivelata azzeccata. Bisogna andare in Cina con le idee chiare ed essere consapevoli che il marketing è più importante del prodotto”.
Umberto Temporini, Etro (abbigliamento)
“Il mercato cinese, e quindi il modo con cui approcciarlo, va diviso in base alle regioni e in base alle città. In quelle principali c’è bisogno di un presidio locale e non solo di distributori che possono essere validi per le città di secondo livello. La domanda più importante da farsi è: chi vogliamo essere sul mercato cinese? Occorre definire gli investimenti dando priorità alla brand awareness e al team marketing digitale”. (mv)
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