“Molte volte l’esperienza è la peggior prigione. Siamo abituati a rifare le cose come le abbiamo fatte prima. Soprattutto se abbiamo avuto successo”, dichiara Marco Bizzarri a 7 Corriere delle Sera per spiegare la necessità di un costante cambiamento. “La strategia migliore è lanciare continuamente progetti e mettere in discussione quello che hai fatto. Lo status quo, per me, non esiste. Se ti sclerotizzi, sei a rischio di estinzione”. Il suo direttore creativo, Alessandro Michele, raccoglie la sfida e rilancia: “Voglio fare diventare Gucci non un brand, ma un’esperienza multipla. Per me è claustrofobico fare una tendenza, inseguire una sola traccia”. Un inno alla molteplicità che ieri si è trasformato in una sfilata, quella che ha aperto le danze della Milano Fashion Week: “Un’istigazione a fare diversamente”, l’ha definita lo stesso stilista. Un vortice di culture, epoche, ispirazioni artistiche ha caratterizzato un défilé che aveva l’obiettivo dichiarato di ipnotizzare. Da Biancaneve a Elton John, dalle tute sportive anni ’80 ai broccati, dalle pellicce ai ricami sulle pelli, glitter, pizzi, stampe giapponesi e disegni aztechi. Uomo e donna uniti e interscambiabili in un ibrido di stili e periodi storici. Molte le creazioni in pelle: vestiti e giacche dipinti a mano con fiori e piume, scarpe e borse ricamate con draghi o fenici, gonne e giacche patchwork con pelli pitonate. Applicazioni smodate di paillette, cristalli e perline colorate, abbinamenti di pelliccia e pelle di colori diversi. Infine, molto presente il logo con le G incrociate, ma anche l’anti-logo “Guccy” che prende in giro le imitazioni (mvg).
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