I piani del lusso: Mulberry vuole crescere in Asia per essere meno Brit, i mercati spengono l’entusiasmo di Hugo Boss

Mulberry punta alla crescita sui mercati asiatici per essere meno brit-dipendente, mentre Hugo Boss si dice certo di una grande potenzialità di espansione, che al momento trova scettici i mercati. Ma andiamo per gradi. Intervenendo all’evento milanese E-P Summit 2018, Thierry Andretta, ceo di Mulberry, ha spiegato che per il brand il futuro si chiama Asia. Mentre a oggi il giro d’affari è sostanzialmente domestico (dal Regno Unito arriva il 68% delle vendite), il marchio vuole portare il valore dei mercati esteri in 3 anni al 50% del fatturato e in 5 anni al 60%. Come? Con uno sviluppo in oriente, dove adesso Mulberry gestisce “29 negozi, che in questi giorni diventeranno 31” (sono le parole del ceo riprese da MFF), programma di espansione che passa da Hong Kong, Taiwan, Corea, Cina e Giappone. Anche Hugo Boss ha grandi idee per il futuro. Presentando l’ultimo piano industriale, la griffe tedesca mette nero su bianco un programma di crescita al ritmo di +5/+7% fino al 2022. “Vogliamo fare meglio del mercato”, ha detto il ceo Mark Langer, illustrando un piano fatto di riduzione dei costi e della complessità delle collezioni, ma anche di customizzazione per i clienti e di sviluppo del business a Oriente. I tedeschi, ora, devono però conquistare la fiducia dei mercati. La reazione della Borsa di Francoforte, dove Hugo Boss è quotato, non è stata calda. Ancora MFF sottolinea come il titolo abbia perso il 6% nell’ultimo anno, mentre il Financial Times registra che l’annuncio del piano è stato accolto con un -2%.

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