Il Gucci post De Sarno: non sarebbe stato meglio saltare un turno?

Il Gucci post De Sarno: non sarebbe stato meglio saltare un turno?

Forse questa volta bisognava saltare un turno. Perché la sfilata andata in scena da Gucci non ha fatto altro che confermare il livello di confusione in casa Kering. Riavvolgiamo il nastro: a inizio febbraio Sabato De Sarno lascia la direzione creativa di Gucci dopo poco più di un anno. La sua uscita, va detto, era nell’aria da tempo. Ma nessuno si aspettava che sarebbe successo così presto. Kering dice che la prossima collezione sarà curata dall’ufficio stile. E tanti saluti a De Sarno che se ne va come un ricordo lontano. Oggi però, dopo aver visto la sfilata, abbiamo avuto la conferma che questa volta non andava fatta. Che senso ha mandare in passerella un lavoro che porta, in tutto e per tutto la firma stilistica di De Sarno, quando De Sarno non c’è più?  Non solo, che senso ha continuare a suonare – come faceva l’orchestra in passerella – fino al momento in cui la nave non affonda?

Stile non stile

Perché a ben vedere, tutto cambia per non cambiare. A partire dal nuovo colore – una sorta di verde scuro – che vuole soppiantare quel rosso Ancora di desarniana memoria e che però si focalizza sul dito e non sulla Luna. La parola giusta per descrivere la sfilata – e non ce ne vogliano da Gucci – dal punto di vista dello stile, è potpourri. Quello che sfila in passerella è un mix e match di cose già viste, dai tagli netti ai colori neutri. E a questo punto le battute si sprecano: “c’era del Gucci in questa sfilata di Bottega Veneta” o “Praducci”. Proprio per sottolineare che in passerella sono usciti pezzi, nel design e nelle intenzioni, simili a quelli di altri marchi. Per la donna le silhouette abbracciano varie epoche, si ispirano a quelle del jet set degli anni ’60, in una sintesi che unisce minimalismo e ultra-massimalismo. Per gli uomini, invece, i completi diventano attillati. Intitolata Continuum, la collezione è, in sintesi, un susseguirsi di cappottini bon ton, slip dress che diventano vestiti da sera, tanto velluto, molti foulard, e giacche e cappotti over in viola, rosa, giallo.

 

 

Andava fatta?

Detto questo, è chiaro che saltare un turno avrebbe aggravato ancora di più la situazione di Gucci, che da due a anni a questa parte non trova pace. E quindi perché non continuare con la perseveranza? Qualcuno dirà che si parla di transizione obbligata. Ma non sarebbe stato meglio fare tabula rasa, prendersi del tempo, andare alla radice del problema e provare a ricostruire? Perché non basta cacciare dagli archivi un morsetto tipico del fondatore. Va trovata la chiave per trasportare quei codici nel contemporaneo. Il compito più duro, però, spetterà ancora una volta a chi viene dopo Sabato De Sarno. Sarà un nome di peso o un underdog? Quello che è certo che sotto il cielo di Gucci regna la confusione. E la nomina del nuovo direttore creativo non è l’unico motivo.

Immagini Gucci

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