Un avvicinamento che somiglia a un’unificazione. E un’unificazione che ha il sapore dell’assorbimento dell’elemento più debole da parte di quello più forte. La Fashion Week newyorchese rivede il calendario e colloca l’evento dedicato alla moda Uomo (5-7 febbraio) all’esatta vigilia di quello dedicato alla Donna (8-14 dello stesso mese). L’obiettivo, spiega a WWD il vicepresidente Marketing di CFDA (Council of Fashion Designers of America) Mark Beckham, è creare “un evento della durata di dieci giorni, senza più separare i calendari e con show suddivisi tra uomo, donna e co-ed”. D’altronde, e dalle colonne di questa testata lo raccontiamo da tempo, il modello tradizionale delle fashion week distinte per genere è da anni sotto la pressione delle griffe, che rivedono i propri canoni: da ultima, anche Balenciaga (gruppo Kering) ha dichiarato, dal prossimo appuntamento parigino, la conversione al co-ed. CFDA ha approntato una propria soluzione, sperimentale nella misura in cui non si sa se sarà replicata in estate. Soffre la Fashion Week Uomo londinese: come scrive Pambianco News, è ridotta “ad appena 24 sfilate” farcite da marchi “spesso sconosciuti al pubblico internazionale”. E Milano? In vista dell’appuntamento di gennaio, Carlo Capasa (Camera Nazionale della Moda Italiana) spiega a MFF che la ricetta per governare la trasformazione è realizzare “un nuovo format del calendario che riunisce presentazioni e sfilate. I vecchi confini non esistono più – conclude –. Abbiamo sentito l’esigenza di cambiare il concetto stesso del proporre le collezioni con una forte presa di posizione rispetto al passato”.
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