Quelli di Ermenegildo Zegna hanno coniato, per definire la formula di presentazione della prossima collezione Spring Summer, il termine “phygital”: perché avverrà in un connubio tra spazi fisici e ambienti digitali. Milano, Parigi, Londra: le fashion week globali si muovono nella stessa direzione, aggirando con soluzioni online le restrizioni imposte dal social distancing. È la giostra della moda sotto la sferza del Coronavirus: gli appuntamenti della prossima estate (per lo meno) virano al virtuale. In attesa di comprendere quali saranno i nuovi equilibri.
La scelta di CNMI
Foto, video, backstage e interviste. Ma anche webinar, lezioni e il consueto occhio di riguardo per gli emergenti. Dal momento che la moda è anche business, il tutto accompagnato da virtual showroom per la vendita. Camera Nazionale della Moda Italiana annuncia che dal 14 al 17 luglio la settimana della moda si reincarna nella Milano Digital Fashion Week. “Il nostro obiettivo – commenta Carlo Capasa, presidente di CNMI, con la stampa – è sia quello di sostenere la ripartenza dell’intero sistema moda, sia di raggiungere i media, i buyer e l’intera fashion community. Come? Attraverso una moltitudine di contenuti, studiati per tutti gli attori del sistema. È per noi un grande risultato unire per la prima volta, all’interno di questa iniziativa, anche una sezione esclusivamente dedicata al supporto delle showroom e dei buyer”.
Milano, Parigi, Londra
Una mossa simile l’ha annunciata anche la Fédération de la Haute Couture et de la Mode. La fashion week parigina sposta l’appuntamento del 9-13 luglio (anticipando, quindi, Milano) in ambiente digitale, di modo che ogni maison abbia modo di rappresentarsi con immagini e video, nonché con ulteriori contenuti editoriali. A fine aprile dichiarava le stesse intenzioni il British Fashion Council, che dal 12 al 14 giugno propone la Cultural Fashion Week Platform. Gli organizzatori, d’altronde, già possono vantare una certa esperienza. A Milano, ad esempio, a febbraio si era già sperimentata la formula digitale per il pubblico internazionale che non aveva potuto presenziare alle sfilate. Altri eventi, come Shanghai, si sono svolti completamente in ambiente virtuale.
E ora?
Gli osservatori si interrogano sugli effetti, immediati e futuri, di una trasformazione del genere delle fashion week. Già a fine aprile Angelica Cheung, direttrice di Vogue Cina, osservava dalle colonne di The Times che la svolta può rivelarsi positiva. Perché? Porta gli eventi nella direzione dell’efficienza e della sostenibilità. Costringe a chiedersi se c’è davvero bisogno che gli addetti ai lavori passino una parte consistente dell’anno a viaggiare per il mondo per assistere a presentazioni che possono seguire da remoto. La questione non si esaurisce qui. Vanessa Friedman (New York Times) osserva che la soluzione phygital è la migliore oggi, quando non ci sono alternative. Ma non è detto lo sia in assoluto. Backstage e insight creano una connessione con il pubblico, bene. Ma parlano soprattutto delle persone che fanno e interpretano la moda. Video e foto spingono l’attenzione verso lo storytellling, ma giocoforza lontano dalla matericità della collezione. Le sfilate, invece, funzionano per il rapporto e la concentrazione che permettono sul singolo capo. Perché le fashion week rimangano valide anche da remoto, bisogna non solo ricreare in streaming gli eventi, conclude Friedman, ma ripensarli completamente.
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