La Cina sta tornando alla normalità. Ma intanto Covid-19 si presenta negli USA: e così uno dei principali mercati del fashion promette di andare incontro a un periodo di chiusura delle attività e di calo delle vendite. Borse e centri analisi si interrogano sulle conseguenze: di certo ci sono esposizioni al rischio e proiezioni di perdita.
Covid-19 si presenta negli USA
Morgan Stanley, per cominciare, ha analizzato l’esposizione dei principali brand mondiali della moda sul mercato statunitense. Il secondo nella graduatoria del rischio (dopo Luxottica) è Puma, che dagli States trae il 26% dei ricavi (1,4 miliardi di euro). Stando a a quanto riporta MFF, segue nella classifica il gruppo LVMH, che negli USA fonda il 25% (13,2 miliardi) del proprio giro d’affari. Al quarto posto, primo tra gli italiani, risulta Salvatore Ferragamo (23%, 300 milioni), mentre Burberry (20%, 500 milioni) e Kering (19%, 3 miliardi) sono rispettivamente ottavi e noni. Nello studio della banca d’affari, alle spalle di Hermès (16%, 1,1 miliardi) compaiono Moncler al 13esimo posto (15%, 200 milioni), Prada al 14esimo (12%, 400 milioni) e Tod’s al 17esimo (7%, 100 milioni).
I danni per i brand statunitensi
Ancora MFF raccoglie dagli ambienti vicini alla Borsa di New York le prospettive di perdita dei brand USA. Capri Holdings valuta 100 milioni di dollari i mancati incassi generati dalla pandemia Coronavirus. Ralph Lauren, invece, sostiene che ne perderà 70. Il problema non è solo di sell-out, ma di filiera: il gruppo PVH conferma le stime già pubblicate, ad esempio, ma riconosce che la supply chain asiatica è in difficoltà. Perché i problemi rimangono globali. Per VF Corp il danno maggiore deriva ancora dal periodo di chiusura del 60% dei negozi in Cina.
Nell’immagine Shutterstock, l’interno di un punto vendita Nordstrom a New York (luglio 2019)
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